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Spese straordinarie per i figli: l’importanza di documentare

La fine di un rapporto coniugale o di convivenza non esonera i genitori dai doveri verso i figli. Tra i nodi più frequenti e spesso contenziosi, vi è la gestione delle spese straordinarie: viaggi studio, cure mediche specialistiche, attività sportive, corsi musicali e simili.
Ma cosa accade se uno dei genitori sostiene una spesa imprevista per il figlio senza il previo accordo dell’altro? Può agire per ottenere il rimborso?
La Corte di cassazione ha risposto più volte e in modo sempre più chiaro.
La prima distinzione da fare è quella tra spese ordinarie e spese straordinarie. Le prime sono quelle prevedibili, ricorrenti e generalmente già incluse nell’assegno di mantenimento, ovvero la somma che uno dei genitori corrisponde all’altro per i figli, come ad esempio, le spese per l’abbigliamento, per il cibo, per il materiale scolastico.
Le spese straordinarie sono quelle imprevedibili, eccezionali, spesso onerose e non coperte dall’assegno di mantenimento. Tra queste, vi sono quelle che necessitano del consenso di entrambi i genitori, come quelle relative alle tasse scolastiche e iscrizioni a scuole pubbliche, anche universitarie, e le rette, le iscrizioni e le tasse di scuole private, le spese per i centri estivi, le spese per interventi chirurgici, le spese odontoiatriche e oculistiche e, in genere, le spese sanitarie non effettuate tramite il Servizio sanitario nazionale.
Poi, ci sono quelle cosiddette obbligatorie, per le quali non è richiesta la previa concertazione, come per esempio le spese di iscrizioni, assicurazioni e tasse scolastiche in istituti pubblici o privati già frequentati dai figli durante l’unione coniugale.
Negli ultimi anni, la Suprema Corte di cassazione ha tracciato una linea interpretativa via via sempre più chiara. L’ordinanza n. 9392 del 2025 ha stabilito che il rimborso delle spese straordinarie è dovuto anche senza accordo preventivo a condizione che la spesa sia effettuata nell’interesse del figlio, che sia congrua rispetto al tenore di vita del figlio e della famiglia e sia compatibile con le condizioni economiche dell’altro genitore.
E ancora, con la sentenza n. 22522 del 2025, la Corte ha affermato che il genitore che chiede il rimborso deve fornire prova rigorosa della spesa sostenuta.
Non basta, dunque, un elenco generico: servono ricevute, fatture o scontrini fiscalmente validi.
In ogni caso, se da un lato è vero che l’accordo preventivo non è sempre necessario, dall’altro è prudente evitare iniziative unilaterali arbitrarie.
In caso di spese particolarmente onerose o non urgenti, è buona prassi avvisare tempestivamente l’atro genitore, fornire preventivi o motivazioni e documentare tutto.
Il giudice, in caso di contestazioni, valuterà non solo la spesa, ma anche la correttezza del comportamento del genitore che l’ha sostenuta.