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a vibrante voce rock degli Stati Uniti si racconta in un biopic “atipico”. È “Springsteen. Liberami dal nulla” di Scott Cooper con Jeremy Allen White. Il ritratto del Boss in una delle sue pagine più creative e tormentate, durante la lavorazione dell’album “Nebraska”, tallonato da una bruciante depressione. Puntellato da alcuni dei brani più iconici di Springsteen, il film si muove nelle zone d’ombra del grande cantautore rock, una vertigine da cui viene fuori grazie alla musica e al coraggio di affrontare i propri irrisolti. Targato 20th Century Studios - Disney. Alla 20a Festa del Cinema di Roma è il giorno del regista iraniano Jafar Panahi, del suo film “Un semplice incidente”, incoronato con la Palma d’oro al 78° Festival di Cannes (2025). Una storia apparentemente circoscritta, da cui però emerge con forza e sofferenza tutta la tragedia di un popolo schiacciato da un regime repressivo. Di più, l’opera tratteggia un’umanità ferita e assediata dal male, che si sottrae alla logica cieca della vendetta.
https://www.youtube.com/watch?v=k95ijLKrw8E
“Springsteen. Liberami dal nulla” (Cinema, dal 23.10.25)
Non un biopic convenzionale. Il regista Scott Cooper – autore di “Crazy Heart” (2009), “Hostiles” (2017) e “I delitti di West Point” (2022) – si confronta con la vita di Bruce Springsteen, The Boss, isolando un momento preciso della sua carriera, ovvero l’incisione di “Nebraska” nel 1982, album intimo, sperimentale, realizzato contro la volontà della sua etichetta discografica. Così è nato “Springsteen: Liberami dal nulla” (“Springsteen: Deliver Me from Nowhere”), ispirato all’omonimo libro di Warren Zanes, con protagonista l’attore del momento, Jeremy Allen White, star della pluripremiata serie “The Bear” (Disney+). Nel cast anche Jeremy Strong, Odessa Young e Stephen Graham. Il film è nelle sale dal 23 ottobre con 20th Century Studios - Walt Disney.
La storia. New Jersey, 1982. Il cantautore trentenne Bruce Springsteen ha appena concluso il suo tour registrando un solido successo. Una star in forte ascesa nel panorama statunitense, con i dirigenti della Columbia Records che non vedono l’ora che sia pronto un nuovo album da lanciare. Bruce, però, è stremato, sente il bisogno di fermarsi e affittare una casa isolata fuori città. Lì, inizia a ragionare su un progetto musicale differente dai precedenti, intitolato “Nebraska”: un album intimo, che racconta il sogno americano “spezzato”, quello di chi non ce l’ha fatta. E tra i brani torna ricorrente il fantasma del padre, gli irrisolti nella relazione con il genitore. Assalito così da una tempesta emotiva, che lo conduce nelle secche della depressione, Bruce si aggrappa al produttore Jon Landau e al sentimento per Faye...
“È la storia di un’anima trascurata che guarisce sé stessa attraverso la musica”. Così il regista Cooper, che sottolinea: “Bruce stava uscendo dall’enorme successo di ‘The River’ e, dall’esterno, sembrava che tutto andasse per il meglio. Ma dentro di sé stava silenziosamente crollando, stava attraversando una sorta di vertigine emotiva, la sensazione che la vita che aveva costruito non fosse più all’altezza del peso che si portava dietro”.
“Springsteen: Liberami dal nulla” racconta il viaggio della grande voce rock d’America, Bruce Springsteen, non solo come artista ma soprattutto come uomo. Ne esplora le fragilità, le fratture interiori, che affiorano nel momento in cui la carriera sta girando nella direzione giusta. Forte di successi come “Born to Run”, “Thunder Road”, “Hungry Heart” e “The River”, il cantautore trentenne inciampa in una vertigine depressiva che divora slanci artistici e vitali. Bruce si scopre fragile, irrisolto, e mentre si mette in ascolto di nuovi stimoli musicali e culturali (rimane colpito dal film “La rabbia giovane” di Terrence Malick), richiama alla memoria gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza, abitati dallo spettro di un padre ombroso e brusco, segnato dalla dipendenza da alcol. Un padre difficile, da cui il rocker non riesce però a separarsi, ma che impara a leggere e comprendere arrivando nel tempo persino a custodire e perdonare.
Jeremy Allen White interpreta Springsteen con rispetto e convinzione, entrando in partita con i suoi dolori interiori e al contempo esprimendo sul palco tutta la sua carica di energia dirompente. “Springsteen: Liberami dal nulla” è un film biografico non scontato, acuto e profondo, che omaggia la grandezza della leggenda del rock USA, visto però come uomo, con tutte le sue fragilità e incertezze. Consigliabile, problematico, per dibattiti.
https://www.youtube.com/watch?v=UblUoH-puCI
“Un semplice incidente” (Cinema, dal 06.11.25)
Ha trionfato nelle tre cattedrali del cinema del Vecchio continente: Venezia, Berlino e Cannes. È il regista iraniano Jafar Panahi, vincitore del Leone d’oro nel 2000 con “Il cerchio”, dell’Orso d’oro nel 2015 con “Taxi Teheran” e della Palma d’oro nel 2025 con “Un semplice incidente”. E proprio quest’ultimo titolo viene presentato in anteprima per l’Italia alla 20a Festa del Cinema di Roma, durante la quale il regista viene omaggiato con il premio alla carriera, consegnato da Giuseppe Tornatore. “Un semplice incidente” racconta il trauma della repressione e delle violenze in Iran attraverso una storia di dolore, smarrimento e redenzione. Un viaggio nel desiderio di vendetta di vittime di abusi che si trovano faccia a faccia con il proprio carceriere. Una sfida morale, esistenziale, che apre però alla speranza e non alla corruzione interiore. Nelle sale dal 6 novembre 2025 con Lucky Red.
La storia. Iran, oggi. Una famiglia sta tornando verso casa e durante il tragitto la macchina finisce in panne. Nell’officina dove viene portata in riparazione uno dei meccanici si accorge che il guidatore, il padre di famiglia, ha qualcosa di sospetto: il rumore della sua camminata, il cigolio di una protesi agli arti inferiori, gli ricorda il passo di un suo torturatore in carcere. Affiorano così in lui incubi, sofferenze e rabbia verso colui che ha rovinato la sua vita, e quella di tanti altri come lui, arrestati ingiustamente dal regime ed esposti a prolungate violenze. Il meccanico allora pensa a un modo per vendicarsi...
Con “Un semplice incidente”, Panahi dà ancora una volta prova della sua statura artistica. Una storia minuta, circoscritta, che man mano che si snoda diventa anzitutto un potente racconto-denuncia delle violenze subite da un popolo per mano di un regime che reprime libertà, sogni e futuro. Un film che si fa, inoltre, parabola universale di un’umanità ferita che si trova a un bivio: abbracciare la vendetta oppure rispondere con misericordia al male subito. Un’opera densa e stratificata, che scivola via con passo leggero, come una pièce teatrale.
In particolare, “Un semplice incidente” mette lo spettatore davanti al dilemma della vendetta: una vittima, più vittime, che fronteggiano il proprio carceriere-carnefice spogliato delle proprie vesti e ruolo militare. Che fare? Far finta di nulla, porgere l’altra guancia, oppure abbracciare l’arma dell’odio e martoriare quel corpo ripagandolo con la stessa moneta da lui usata in passato?
Panahi compone un dilemma-dramma morale di respiro shakesperiano, dove i suoi protagonisti, le vittime, sono abitate da dolore, dallo spettro di sofferenze indicibili, ma mai disperse nell’odio. Un film acuto, sfidante, che conquista per la sua costruzione come giallo dell’anima. Il regista è abile, abilissimo, nel governare la tensione e le svolte del racconto, fino al sorprendente finale aperto, che affida allo spettatore l’ultima parola. Un’opera matura, dolente, che si impasta anche delle sofferenze patite dal regista, più volte imprigionato nel suo Paese perché artista e pensatore libero. Consigliabile, problematico, per dibattiti.