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Vivere relazioni autentiche

Anche le persone possono essere solide, liquide o gassose, come gli stati della materia. Essere felici è una scelta, facciamola

13/01/2022

Credo che a scuola si studino ancora i tre stati della materia: solido, liquido e gassoso e mi pare che questa distinzione possa essere applicata anche alla personalità di chi diventa adulto: si può essere persone solide, oppure così liquide da risultare… gassose. Nelle relazioni si leggono le conseguenze.

Essere solidi non significa essere rigidi.
Significa saper evolvere, avendo però dei riferimenti valoriali ed essendo a propria volta dei punti di riferimento per le persone che si aspettano non perfezione, ma affidabilità. Chi sei? Chi non sei? Ci sei? Domande cruciali, risposte autentiche.

Le persone adulte liquide prendono sempre una forma diversa, a seconda del contenitore-contesto in cui si inseriscono. Così i liquidi sono spesso in buona fede, ma feriscono gli altri, soprattutto i figli, perché ciò che sono e promettono, lo sono per poco tempo, finché se la sentono, finché non c’è da prendere una decisione forte, finché non serve affrontare la paura del giudizio degli altri, finché il sentimento soffia a favore.

E poi le personalità gassose cioè evanescenti, quelle a cui piacerebbe essere in un certo modo, per cui raccontano a sé e al mondo che loro sono proprio così o lo sarebbero state se avessero avuto le opportunità giuste. Quelle autocentrate sull’emozionale, mi piace o non piace, cioè mi servi o non mi servi, come criterio per coinvolgere nella propria vita qualcuno e parimenti per disfarsene.

Il secondo e a maggior ragione il terzo tipo di adulto possono contare su un moderno modo di banalizzare e umiliare le relazioni così detto “ghosting”: lo sparire come un fantasma, di fatto la violenza psicologica preferita di questa nostra epoca, che la pandemia ha quasi legittimato. Sì, sono sempre esistite le persone che a un certo punto fingono di non vederti e si girano dall’altra parte o quelle che escono per comprare le sigarette senza fare più ritorno. “Ghosting” significa sparire improvvisamente, avendo finto fino all’ultimo che tutto fosse ok, smettendo di rispondere a chiamate, messaggi, mail: una terribile e codarda tattica passivo-aggressiva applicabile a ogni relazione sentimentale, amicale, professionale, anche familiare e apparentemente molto intima.

Negarsi senza spiegarsi è sempre stato possibile, ma quando non si avverte più la differenza tra chattare e vedersi, parlarsi, toccarsi, è chiaro che la comunicazione online rende molto più semplice non assumersi la responsabilità di ciò che si fa: basta chiudere il pc o spegnere lo smartphone.

Ci sono anche persone convinte che si possa vivere una relazione profonda sempre e solo in videochiamata, oppure persone che “paccano” all’ultimo minuto ogni promessa e appuntamento. C’è, infine, chi torna improvvisamente come se niente fosse accaduto facendo “zombieing”, cioè devastando ulteriormente una relazione ferita, avendo la presunzione che tutti siano rimasti lì ad aspettare il ripensamento dell’eroe.

Pare che l’80% dei giovani sotto i 33 anni abbia subìto almeno un’esperienza di “ghosting”, cioè sia stato abbandonato senza possibilità di replica da qualcuno che fino al momento precedente affermava tra un cuoricino e l’altro di essere l’amico o l’amore della vita.

Che la tecnologia non ci renda involuti e depotenziati, ma più competenti e felici non è una fatalità, ma una scelta. Facciamola.

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