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Trevisani nel mondo in Cansiglio, custodi di amicizia e solidarietà


Il vescovo Michele Tomasi, già vestito con i paramenti sacri, va incontro al corteo di ex emigranti che salgono verso il vecchio bunker della “guerra fredda”, al centro della piana del Cansiglio. Sorride, stringe mani. E poi, durante l’omelia della messa, così si rivolge ai Trevisani che arrivano da tutto il mondo: “Quante volte voi, i vostri padri e le vostre madri vi siete messi in cammino, verso posti lontani. Una scelta vissuta nella povertà di tempi difficili, più difficili ancora dei nostri, ma dettata e motivata dall’amore. Amore per i figli o per i genitori, amore per la propria dignità di persone che sanno di dovere, ma soprattutto di volere prendersi cura di sé e dei propri cari”. Fissa i volti di chi gli sta davanti, il Vescovo. E riprende: “Amore per i propri affetti, per le proprie relazioni, e per la propria terra, lasciati proprio perché amati, perché proprio da quelle radici cresceva e cresce l’albero buono della responsabilità, che dona i frutti succosi della condivisione e della cura reciproca”. Siamo al 30° raduno dei Trevisani nel Mondo in Cansiglio, la cui associazione, l’Aitm, festeggia i primi 50 anni dalla fondazione. Ci sono anche i sindaci, i politici regionali, nazionali ed europei, a rendere omaggio a chi è stato costretto, nei tempi più duri, a lasciare il suolo patrio. Oggi altri lo fanno. Altri “Trevisani” (2 mila l’anno), altri italiani, ma soprattutto decine di migliaia di profughi. Come non pensare anche a loro? Sì, all’accoglienza, magari diffusa; pure quella tanto contestata da una parte del mondo politico. Tocca al sindaco di Treviso, Mario Conte, portarsi al microfono alla fine della messa, per prendere la parola, anche come presidente dell’Anci Veneto. Dopo le riserve che i suoi gli hanno manifestato sull’accoglienza diffusa dei migranti, Conte non riprende l’argomento, ma lascia intendere che non rinuncia a portarlo avanti. Dopo aver sottolineato il legittimo orgoglio e il senso di appartenenza per quanto hanno saputo testimoniare e creare i nostri emigranti all’estero, conferma chiaro e tondo l’impegno per “la dignità” di tutte le persone; “la dignità dev’essere al centro dell’azione politica” afferma. La dignità, ben s’intende, che non prescinde dal “rispetto”. Il rispetto verso le nostre leggi e le nostre regole di vita. Ma anche verso coloro che dobbiamo accogliere. E i Trevisani nel mondo di ieri e di oggi – fa intendere un altro Conte, Franco, il presidente dell’Associazione – si propongono come modello: di comportamenti e, appunto, di accoglienza. E, precisa Conte, senza mandare a casa nessuno; “è impossibile”. Da che cosa deriva questo convincimento? Non da interessi politici, evidentemente; tanto meno da strumentalizzazioni di sorta. Bensì dal Vangelo, almeno per chi è cristiano. Lo ha ben spiegato il vescovo Tomasi, sempre nell’omelia. “Il tesoro che i nonni, i padri e le madri e molti di voi hanno cercato non era il miraggio della ricchezza, ma il sogno coraggioso e forte del bene, di una vita onesta e in pace, di una vita insieme alle persone care e felici. Dov’è il tesoro che con l’aiuto di Dio, nella fedeltà alla parola bella e buona - si è chiesto - possiamo trovare insieme? Dov’è il campo, dove la perla, dove avviene la pesca buona di chi crede nel bene e nella pace?”. Non è la miseria - ha proseguito il vescovo, rivolgendosi agli emigranti presenti - che vi ha messo in moto, che vi ha dato la forza di muovere passi coraggiosi verso terre lontane. “E’ stato invece il sogno di trovare un tesoro, e seguendo quel sogno avete costruito vita buona per voi, per i vostri cari e per gli altri, in tutto il mondo”. Dov’è il tesoro, dunque? “Forse, davvero, non è in nessuna parte del mondo, né qui, né là. Eppure il tesoro c’è, e si lascia trovare, e la gioia può essere grande. Ed è un luogo generato dall’amore, nel cuore di ciascuno di voi, nelle relazioni fondamentali della vostra vita, un luogo grande come il cuore di ciascuno e di ciascuna, ampio e profondo quanto le storie di amicizia e di solidarietà che custodite e ancora accrescete”. L’atmosfera che si è creata dopo la messa e i discorsi ufficiali, ha lasciato intendere che questi messaggi sono stati puntualmente recepiti.