giovedì, 31 luglio 2025
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Amianto, l’assassino silenzioso

A 43 anni dalla sua messa al bando, continua a mietere vittime. La situazione in Italia e in Veneto

Un assassino silenzioso, un cecchino che colpisce decenni dopo l’esposizione. Possono passare anche quarant’anni prima che l’inalazione delle microfibre di amianto provochi infiammazioni letali. Una lunga attesa che culmina, spesso, in diagnosi irreversibili: asbestosi, tumore polmonare, mesotelioma pleurico.

L’Inail stima che ogni anno in Italia si ammalino per mesotelioma dalle 1.500 alle 1.800 persone. I decessi complessivi legati all’amianto superano le 4 mila unità l’anno. In Veneto, i casi di mesotelioma registrati tra il 1993 e il 2022 sono circa duemila, con epicentro a Venezia – nell’area industriale di Porto Marghera – e a Padova. A Treviso, l’esposizione si lega più all’edilizia e ai comparti agricoli e artigianali. Ma questa mappa non è esaustiva: molte diagnosi mancano all’appello, e molte strutture contaminate non risultano censite.

Una lunga battaglia

Per decenni l’amianto – o asbesto – è stato considerato un materiale prodigioso. Resistente al fuoco, leggero, isolante, economico. Nessuno, o quasi, sembrava preoccuparsi della sua natura insidiosa. Dai tetti alle tubature, dai freni delle auto ai cantieri navali, dai tessuti ignifughi ai rivestimenti domestici, era ovunque. La sua diffusione fu capillare. In Italia, la multinazionale Eternit – con stabilimenti a Casale Monferrato, Broni, Siracusa – ne fece un simbolo industriale. Eppure già alla fine degli anni ’40 medici e tecnici avevano rilevato anomalie polmonari tra gli operai.

Fu il professor Giulio Maccacaro, medico e scienziato, fondatore della rivista “Sapere”, ad alzare per primo la voce in modo sistematico, tra gli anni Sessanta e Settanta. Ma fu solo la battaglia civile e giudiziaria avviata dal giornalista Beppe Ruggiero e dall’Associazione familiari vittime dell’amianto, a Casale Monferrato, a infrangere il muro di silenzio e negazione. Quel che emerse fu devastante: l’amianto uccideva da anni. E nessuno interveniva.

Il pericolo risiede nelle sue fibre microscopiche. Quando si deteriorano o vengono rimosse senza adeguate precauzioni, si disperdono nell’aria e vengono inalate. Entrano nei polmoni, nei tessuti pleurici, e restano lì. Non si dissolvono, non vengono smaltite dall’organismo. Provocano infiammazioni croniche, cicatrici nei polmoni, mutazioni cellulari. Le patologie correlate hanno una latenza di venti, trent’anni, anche più.

La legge 257 del 1992 ha messo al bando l’amianto in Italia. Troppo tardi. E non è bastata. Oggi si contano ancora oltre 370.000 edifici contaminati, secondo stime Ispra. Il censimento è incompleto, il monitoraggio discontinuo. Lo smaltimento è costoso, e spesso scoraggiato dalla burocrazia. Le lastre di amianto sono tra i rifiuti più frequentemente abbandonati nei fossi, nei cantieri dismessi, nelle discariche abusive. La microraccolta è attiva solo in alcuni Comuni.

In Veneto oltre 1.300 siti, poche le bonifiche

Nel Veneto, l’unico dato ufficiale parziale risale al 2020 ed è stato fornito da Arpav: 1.348 siti individuati, di cui 354 bonificati e 198 parzialmente bonificati. L’indagine ha riguardato scuole pubbliche e private, ospedali, impianti sportivi, edifici comunali, strutture sanitarie, e in parte anche il comparto agricolo e industriale. Non è chiaro quanti siano gli edifici privati contaminati: il decreto 8/8/1994 ne rende il censimento facoltativo.

Nel frattempo, tra la popolazione si è diffusa una sola regola di buon senso: se l’amianto è compatto e non danneggiato, non si deve toccare. Ma se inizia a sbriciolarsi, se affiora dai bordi dei tetti o si crepa nelle cantine, bisogna intervenire subito. Intervenire, però, significa sostenere costi elevati, affrontare iter complessi, contattare ditte specializzate. E in molti casi, semplicemente, si finge di non vedere.

Dalle Province venete incentivi alle bonifiche

La Provincia di Treviso impegna 200 mila euro per la rimozione dell’amianto dagli edifici privati. Servirebbe di più, servirebbero mappe precise, ma l’impegno c’è e coinvolge le vicine province di Padova e Venezia.

Dal primo agosto 2025 sarà attivo un nuovo bando della Provincia di Treviso per incentivare la rimozione di coperture in cemento-amianto da edifici privati. L’iniziativa prevede 200 mila euro di contributi destinati a cittadini, enti religiosi e associazioni senza scopo di lucro, con un rimborso pari al cinquanta per cento della spesa sostenuta, fino a un massimo di 15 mila euro. I lavori dovranno essere effettuati da ditte iscritte all’Albo gestori ambientali e saranno ammessi solo se eseguiti e fatturati dopo la presentazione della domanda, possibile fino al 28 novembre.

Questo bando si affianca a quello già attivo, con una dotazione di 700 mila euro, rivolto alle micro, piccole e medie imprese del territorio, che prevede una copertura tra il quaranta e cinquanta per cento delle spese per interventi di bonifica, con importi massimi compresi tra 15 mila e 20 mila euro a seconda della dimensione aziendale. “I fondi messi in campo sono risorse concrete per aiutare i cittadini a liberarsi dell’amianto ancora presente nei nostri paesi - dichiara il presidente della Provincia di Treviso, Stefano Marcon -. È un’azione che prosegue sulla linea di interventi ambientali portata avanti in questi anni con determinazione”.

Anche il Comune di Padova ha attivato un’iniziativa mirata alla microraccolta. Dal 10 ottobre 2024 i cittadini residenti possono richiedere gratuitamente un kit per la rimozione di fino a 750 chilogrammi di lastre in cemento-amianto. Il materiale, una volta imbustato secondo le indicazioni fornite, viene ritirato e smaltito dal gestore, AcegasApsAmga. Il servizio è riservato agli edifici residenziali.

Nel territorio veneziano, infine, è operativo un sistema di microraccolta attraverso il Consiglio di Bacino Venezia Ambiente. Il Comune di Venezia ha avviato campagne di informazione e sensibilizzazione rivolte ai cittadini, con l’obiettivo di favorire la rimozione in sicurezza di materiali contenenti amianto, in particolare se danneggiati o friabili.

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