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I ‘‘mali’’ dei nostri fiumi

L’annuale campagna di Legambiente: Pfas, glifosate e batteri fecali presenti nelle acque del Veneto. Mentre non si spegne l’eco per la storica sentenza “Miteni”
04/07/2025

Si è appena conclusa la quinta edizione di “Operazione fiumi - Esplorare per custodire”, la campagna itinerante di Legambiente Veneto che, con il supporto di Arpav, è andata alla ricerca di batteri e inquinanti in ben 12 fiumi della regione: Po, Canalbianco, Brenta, Piovego, Brentella, Bacchiglione, Retrone, Fratta Gorzone, Sile, Livenza, Adige e Piave. Tra maggio e giugno, decine di volontari e volontarie esperti di Citizen science, affiancati dai tecnici dell’Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto, hanno raccolto campioni delle acque e svolto attività d’informazione ad amministratori e cittadini, per restituire una fotografia puntuale dello stato di salute dei corsi d’acqua veneti. Con un responso complessivo non proprio incoraggiante, purtroppo.

I dati sulla depurazione

Il tema storico di “Operazione fiumi” riguarda gli escherichia coli, ovvero i batteri fecali (poiché vivono soprattutto nell’intestino umano). Si tratta di batteri costantemente monitorati anche da Arpav, poiché permettono di verificare lo stato di depurazione delle acque, fornendo indicazioni certe di contaminazione fecale, derivante da scarichi fognari non depurati. Tanto per rendere l’idea, per essere potabile l’acqua non deve presentare contaminazione da escherichia coli. I limiti di concentrazione nelle acque superficiali sono definiti dalla legge italiana solo per quanto riguarda quello consentito in uscita dagli impianti di depurazione, pari a 5.000 mpn/100ml, ma, convenzionalmente, si utilizza come riferimento per gli standard il valore limite di 1.000 mpn/100ml. Di conseguenza, preoccupa che la campagna “Operazione fiumi” 2025 abbia osservato che, su 52 punti monitorati, il 19% vedano livelli di escherichia coli sopra i 5.000 e il 42% sopra i 1.000 (quindi 32 punti su 52 hanno concentrazioni di batteri superiori al limite consigliato). Si tratta di fotografie puntuali e momentanee, ma il controllo costante di Arpav certifica che i risultati raccolti da Legambiente seguono quasi sempre un trend già definito.

Glifosate e pesticidi

Fin dalla sua prima edizione, nel 2021, “Operazione fiumi” analizza nei corsi d’acqua anche la presenza di glifosate, un erbicida di sintesi utilizzato da circa 40 anni in maniera massiccia in agricoltura per eliminare le piante infestanti. Nei fiumi della nostra regione è notevolmente presente, con valori spesso inferiori, ma a volte superiori al limite definito per legge di 0,1 μg/L, come nei casi certificati da Legambiente nel 2024 (i dati del 2025 si avranno tra qualche mese) su alcuni punti del Sile, del Dese e del Canalbianco. Oltre al Glifosate, le schede di bacino idrografico redatte ogni anno da Arpav restituiscono la presenza nelle nostre acque di diverse sostanze inquinanti impiegate in agricoltura, come Metolachlor, Azoxystrobin, Aclonifen, Ampa, e altri.

I pfas, per sempre inquinanti

Nel 2024, Legambiente Veneto ha deciso di iniziare a monitorare anche i pfas all’interno della campagna “Operazione fiumi”. Il disastro Miteni di Trissino insegna la pericolosità di queste sostanze, a maggior ragione alla luce della sentenza storica dello scorso 26 giugno, che ha condannato ben 11 manager ed ex manager a 141 anni di carcere e un risarcimento milionario (75 milioni in totale) per le oltre 300 parti civili. Un inquinamento senza precedenti che ha segnato un territorio di 100 kmq con 300 mila abitanti, portato alla luce nel 2013, ma in corso almeno dagli anni Novanta: dopo quattro anni di processo si procederà (si spera in tempi celeri) con la bonifica e con un’analisi e stima dello stato di salute della cittadinanza coinvolta. Nel frattempo, le sostanze perfluoralchiliche (pfas appunto, famiglia a cui appartengono anche pfos e pfoa) vengono riscontrati anche in altri corsi d’acqua del Veneto e non devono mai smettere di destare preoccupazione. Eppure, questi composti chimici, utilizzati in campo industriale per la loro capacità di rendere i prodotti impermeabili all’acqua e ai grassi e impiegati su vasta scala (in tessuti, tappeti, pelli, schiume antincendio, contenitori per alimenti e detersivi), sono definiti “forever chemicals” perché tendono ad accumularsi e a permanere a lungo negli esseri viventi (umani compresi), ai quali, ad alte concentrazioni, causano patologie e decessi prematuri. I dati risultanti dai campionamenti di “Operazione fiumi” del 2025 saranno disponibili tra qualche mese (come per il glifosate) ma il report del 2024 e le schede di bacino idrografico redatte da Arpav non lasciano spazio all’ottimismo: tracce di queste sostanze sono state trovate in quasi tutti i corsi d’acqua.

Adattamento ai cambiamenti climatici

Non chiamatela emergenza climatica: ormai gli eventi climatici estremi sono una realtà cronica con cui ci troviamo a che fare con costanza. Dall’alluvione alla siccità, ogni anno si verifica un alternarsi di situazioni che mettono in condizioni di rischio il territorio e i suoi abitanti, non solo per il proprio lavoro e i propri beni, ma anche per la propria salute. Basti pensare che, come abbiamo già avuto modo di raccontare in queste pagine, solo a Treviso il numero di interventi dei vigili del fuoco legati al “maltempo” sono raddoppiati tra il 2023 e il 2024 (da 216 a 450). “In un territorio come il nostro, un’attenzione a 360 gradi sulla risorsa idrica non può che essere obiettivo primario”, spiega Giulia Bacchiega, portavoce campagna Operazione fiumi. “In questo quadro, “Operazione fiumi” ha lo scopo duplice di valutare lo stato di salute delle acque, ma anche il modo in cui ne facciamo uso e gestione”.

Strumenti di tutela

Legambiente Veneto tiene costantemente gli occhi aperti sul territorio e sui fiumi, grazie al lavoro incessante - a tratti eroico - dei suoi circoli locali. Tra gli strumenti di tutela fluviale che Legambiente sta cercando di attivare (in qualche caso con successo) sono i Contratti di fiume o l’istituzione dei Parchi fluviali. Nel primo caso si tratta di un accordo tra soggetti che hanno responsabilità nella gestione e nell’uso delle acque, nella pianificazione del territorio e nella tutela dell’ambiente (amministrazioni, enti territoriali, consorzi di bonifica, gestori, associazioni, privati...); il secondo implica la creazione di un’entità giuridica che gestisce e tutela un determinato tratto di fiume e l’area circostante, promuovendo la conservazione della biodiversità, la fruizione sostenibile del territorio e la valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico.

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