Penso che molti, come me, siano rimasti inizialmente un po’ sorpresi dalla elezione al pontificato del...
Agricoltura: i giovani investono, e cambiano coltivazioni
Aumentano i giovani impegnati nel settore primario. E che cercano anche nuove strade rispetto alla viticoltura che, negli ultimi anni, ha modificato radicalmente il nostro territorio. Con la conseguenza di un’eccessiva produzione. E, allora, si guarda ad altre coltivazioni.

Troppa produzione di uva, quotazioni in calo, si riducono anche i prezzi dei terreni votati a prosecco doc (non certo il docg). E così chi vuole investire ora in terreni sta guardando a nuove produzioni.
Roberto Martinuzzo, titolare di un’agenzia immobiliare a Ponte di Piave, segnala un incremento nelle compravendite o anche solo nella manifestazioni di interesse da parte di imprese agricole che vogliono allargare la loro produzione al kiwi che, nel Trevigiano, si trova diffusamente sul Montello e nelle zone di Spresiano e Maserada. Potrebbe essere una novità, in controtendenza rispetto agli ultimi anni che hanno visto espiantati molti terreni a kiwi sia nel Trevigiano che, soprattutto, nel Veronese a causa della moria delle piante, colpite da un batterio, ancora studiato dall’Università di Verona. Altro grosso problema per questo frutto sono, anche, le cimici asiatiche che colpiscono soprattutto melo, pero, pesco e nettarine, mais e soia e, appunto, il kiwi.
Un problema, quello delle cimici, che solo le reti antigrandine e antinsetto riescono in parte a mitigare, proteggendo i frutteti dagli attacchi di questo insetto che dal 2015 sta aggredendo e devastando le colture venete.
“Anche se sembra che qualcosa si stia modificando su questo fronte - spiega Cesare Bellò, dell’Opo Veneto, Organizzazione produttori ortofrutticoli Veneto, sorta nel 2001 e che conta oggi 500 soci -. Dopo un primo momento in cui la cimice asiatica non aveva trovato nemici naturali, pare che ora ci siamo predatori, uccelli insettivori, che riequilibrano il sistema”. Cimice o non cimice, però, sono altri i frutti che vedono un aumento di coltivazione, come ad esempio la ciliegia nella zona di Marostica, ma non solo. Anche a Maser. L’Amministrazione comunale ha puntato sul ciliegio (creando anche una specie di “denominazione comunale”) e l’ulivo, per caratterizzare sempre più il territorio. Magari al posto di quel castagno, tipico della Pedemontana trevigiana, attaccato anch’esso, negli anni scorsi, da un parassita cinese.
Le colture frutticole, che in prospettiva potrebbero rappresentare un interessante investimento alternativo, sono il nocciolo, il melograno e la noce. Nel Veneto gli ettari in produzione di noce sono 790 circa, ma se si considerano quelli non ancora in produzione (generalmente dopo 4-5 anni) si superano i mille ettari, più della metà presenti tra Treviso e Venezia: il noce è l’unica coltura frutticola in cui non prevale la provincia di Verona.
Il reddito arriva dall’igp
Ma se si vuole andare sul sicuro, all’Opo consigliano le coltivazioni igp. “Il reddito è assicurato per il radicchio variegato di Castelfranco o il radicchio rosso tardivo di Treviso, con magari le patate dolci prima del radicchio. E poi gli asparagi nelle zone votate, Cimadolmo o Badoere. Per rimanere in territorio trevigiano. Ovviamente se si produce e si vende all’interno di un’organizzazione - precisa Cesare Bellò -, perché singolarmente e disordinatamente non si va da nessuna parte”. Ogni territorio deve, perciò, puntare sulla specifica qualità delle produzione orticole e mettersi insieme con gli altri produttori. Gli acquirenti sono, ormai, allenati a riconoscere la qualità, la provenienza e la stagionalità dei prodotti. E disposti a pagare quel qualcosa in più, proprio per queste caratteristiche.
E se in qualche annata si vede sparire il radicchio tardivo di Treviso dai campi, niente paura: lo prevede il disciplinare. “Ogni due anni ci deve essere l’avvicendamento, secondo il disciplinare, per questioni sanitarie e, quindi, per prevenire le malattie”.
Il radicchio di Treviso, poi, ritorna in campo. Non così per il mais che, come evidenzia la tabella, dal 2007, ha visto dimezzata la superficie coltivata, a vantaggio della soia, molto più redditizia. Già lo scorso anno è stato negativo per il mais a causa delle ondate di calore estive: alla diminuzione della superficie (-2,6% sul 2016, dato regionale) si è affiancata una contrazione delle rese di oltre il 14%.
Nel 2017 il valore complessivo della produzione lorda agricola veneta è stato stimato in 5,9 miliardi di euro, in crescita del 3,9% rispetto al 2016. Sono anche questi i dati, oltre alla autonomia che il lavoro nei campi in un certo qual modo offre, che fa dire ai giovani: perché no? E in molti riscoprono il settore primario.