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Primo viaggio apostolico all’estero di papa Leone

Il Pontefice sarà, dal 27 novembre al 2 dicembre, in Turchia e in Libano con pellegrinaggio a İIznik, in occasione del 1700° anniversario del primo Concilio di Nicea

Incontri istituzionali, celebrazioni ecumeniche, preghiere in luoghi significativi per il cristianesimo e negli scavi archeologici di Nicea (oggi Iznik), a 1.700 anni dal primo Concilio ecumenico che si tenne in questa città turca, situata 130 chilometri a sud-est di Istanbul. Visita alla Moschea blu di Istanbul e al luogo simbolo di una grande tragedia dell’agosto 2020, il porto di Beirut. Sono le tappe più importanti che papa Leone XIV si appresta a compiere in Turchia e Libano, dal 27 novembre al 2 dicembre prossimi. Primo viaggio all’estero, nella scia del suo predecessore, che avrebbe voluto visitare questi Paesi mediorientali e portare un messaggio di pace in questa parte di mondo ferito da lunghe guerre. Per cogliere il senso di questo viaggio, abbiamo intervistato il vescovo emerito Paolo Bizzeti, già vicario apostolico dell’Anatolia, dal 2015 al 2024.

Questo viaggio all’estero di papa Leone sarà segnato dall’ecumenismo e dalla sinodalità tra chiese cristiane?

Spero che, dopo alcuni anni in cui sembra un po’ che la ricerca ecumenica sia ristagnante, questo viaggio sia una tappa significativa e faccia fare un passo in avanti. La Turchia è il luogo adatto per questo, perché c’è, già, di fatto, un ecumenismo di base molto interessante. Per esempio, ad Antiochia, già da anni, si è unificata la data della Pasqua. Le famiglie sono già abituate a partecipare l’una alle celebrazioni dell’altra.

L’occasione è data anche dall’anniversario del Concilio di Nicea?

Papa Leone desidera realizzare la promessa fatta da papa Francesco di recarsi a Nicea, incontrando anche il patriarca Bartolomeo. Il Papa celebrerà, con i capi delle Chiese cristiane, i 1.700 del Concilio di Nicea, fra gli scavi archeologici dell’antica basilica di San Neofito, dove nel 325 si tenne il primo Concilio della storia della Chiesa, voluto dall’imperatore Costantino, e quello che ha scritto il Credo “unico”. Si tratta di un gesto fortemente ecumenico. Inoltre, è importante ricordare che anche le Chiese ortodosse, spesso piccole e poco visibili, hanno bisogno di sostegno, di attenzione e di amore fraterno. Questa visita rappresenterà proprio un segno concreto che va in quella direzione.

Leone XIV desidera realizzare la promessa fatta dal suo predecessore, papa Francesco, di recarsi a Nicea e di incontrare il patriarca Bartolomeo

Quanto il tema della pace nella regione solcherà gli incontri istituzionali?

Il viaggio sarà certamente nel segno della pace. Pace fra i popoli e riconciliazione nel mondo cristiano sono i capisaldi della visita di papa Leone, nella scia di papa Francesco. La situazione lo richiede. Ormai, è molto chiaro che c’è stata una destabilizzazione ad ampio raggio, e non si può certo andare avanti in questo modo, con il rischio di propagarsi della convinzione che soltanto con la forza si possono risolvere i problemi.

Per il dialogo con l’islam sarà importante la visita alla Sultan Ahmet Camii, meglio conosciuta come Moschea blu, che già aveva visto sotto le sue volte e i suoi suggestivi mosaici due papi: Benedetto XVI e Francesco.

Non bastano questi gesti, seppur importanti e simbolici. Il dialogo religioso, cioè tra persone che sono interessate a Dio, a una visione del mondo non centrata soltanto sull’uomo, si fa nella vita quotidianamente, più che nei convegni. Quello che fa la differenza è se si impara a vivere insieme, a impegnarsi insieme per la pace, a opporsi all’uso del nome di Dio per ammazzare il prossimo.

Perché è importante la visita in Libano, dove i cattolici sono circa un terzo della popolazione e hanno una forte presenza politica, anche se il paese è diviso confessionalmente?

Il Libano, tradizionalmente, è un luogo dove i cristiani hanno avuto un ruolo importante, seppur diminuito negli ultimi anni per l’intervento di altre forze, anche dall’esterno. Se, per molti aspetti, continua a essere un laboratorio politico e di convivenza, non si può certamente dimenticare la continua ingerenza, anche militare, del vicino Israele nella vita politica interna, nella destabilizzazione dei rapporti. Questo rende tutto molto più complicato.

È della notte a cavallo tra martedì 18 e mercoledì 19 novembre, l’attacco militare israeliano al campo profughi palestinese di Ein el Hilwe, che ha circa 60 mila abitanti e si trova sempre nel sud del Libano, vicino alla città di Sidone, a 40 chilometri dalla capitale libanese, Beirut.

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