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Si è spento a oltre 100 anni don Ernesto Soligo. Prete "assetato di carità", era il più anziano della diocesi

I giovani e gli "ultimi" sono sempre stati in cima alle priorità pastorali di questo "apostolo della carità". Oltre 150 nel suo studio le foto di ragazzi morti per incidenti, droga, suicidio, malattia: i suoi figli in cielo, ora raggiunti. I funerali sabato 4 gennaio alle 10.30, presieduti dal Vescovo.

Si è spento nella tarda serata di ieri, 1° gennaio, verso le 23.30, nella Casa del Clero di Treviso, don Ernesto Soligo. Aveva compiuto nel maggio scorso i cento anni, con un momento di festa condiviso con le moltissime persone che lo conoscevano e gli volevano bene, a partire dai confratelli Oblati diocesani. I giovani e gli "ultimi" sono sempre stati in cima alle priorità pastorali di questo "apostolo della carità". I funerali si terranno sabato 4 gennaio alle 10.30 e saranno presieduti dal vescovo, mons. Michele Tomasi.

Don Ernesto teneva davanti a sé sul tavolo dello studio dove riceveva i giovani un cartoncino con su scritto il grido di Gesù in croce: Sitio! – ho sete (Gv 19,28). Ricordava a sé che l’amore suo per quanti incontrava era quello di Gesù crocifisso. L’amore-dono è stato vero sempre, da quando é diventato sacerdote nel 1942: cappellano a Cimadolmo, direttore spirituale nel Seminario, nel Collego Pio X, nel Centro Studentesco, insegnante di religione nella scuola pubblica Riccati e Palladio, nel suo ultimo recapito dell’oratorio della Chiesa Votiva. Dal 1959 apparteneva alla Comunità dei Sacerdoti Oblati Diocesani, la cui missione è la predicazione, la guida spirituale, l’aiuto ai parroci; da oltre  sei anni viveva nella Casa del Clero per una caduta che gli aveva tolto l’uso delle gambe.

Ma quanto ha camminato nelle parrocchie della diocesi a coltivare i gruppi giovanili! In città si raccolgono nel gruppo “Agape”. Quanti ritiri, esercizi spirituali, incontri formativi! Sono migliaia i giovani che lo hanno avuto guida spirituale sicura, e ancora lo venerano: studenti diventati professionisti, padri di famiglia, operatori sociali e pastorali, nella chiesa e nella società; diventati preti, missionari, insegnanti e ricercatori universitari, cantanti famosi, sindaci, amministratori pubblici e politici.

Dagli anni ’90 si volse alle condizioni di sofferenza: movimento ciechi, ente sordomuti, carcere minorile, ospedale psichiatrico Sant’Artemio; quindi il reinserimento degli ex carcerati, la cura dei tossicodipendenti, l’accoglienza degli immigrati, l’aiuto ai poveri ed emarginati d’ogni tipo, coinvolgendo nella solidarietà le competenze amministrative, sanitarie, giudiziarie, scolastiche, economiche, e naturalmente ecclesiali. Ha chiesto elemosina a tutti, spesso sfruttato ed imbrogliato.

Oltre 150 nel suo studio le foto di ragazzi morti per incidenti, droga, suicidio, malattia: i suoi figli in cielo, ora raggiunti. Sono vere in lui le parole del Papa S. Giovanni Paolo II: “frequentando i giovani si resta sempre giovani”. 

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