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Intervista ad Adriano Bordignon autore di un libro sulla famiglia

È uscito all’inizio di luglio il libro “Rivoluzione famiglia” (Edizionifrancescane italiane), scritto da Adriano Bordignon, presidente del Forum delle associazioni familiari.
“L’idea nasce da un’urgenza: quella di restituire uno sguardo nuovo e positivo sulla famiglia - spiega l’autore in questa intervista -. Ho avvertito la necessità di un cambio di paradigma attorno alla famiglia che, pur vivendo mille complessità e contraddizioni, resta la più straordinaria esperienza umana”.
Dal tuo osservatorio di Presidente del forum nazionale, come senti di poter definire la famiglia oggi?
È diffusa l’idea che la famiglia sia in crisi, ma chi osserva i fenomeni sociali sa che questo allarme “lampeggia” da diversi decenni e anche che la famiglia, vivendo nel contesto storico, non può astrarsi dalle contraddizioni che coinvolgono questa nostra epoca. Troppi alzano bandiera bianca di fronte alle enormi sfide dell’oggi e la famiglia è vittima di due grandi errori di valutazione, sia politicamente che pastoralmente. Da un lato, non le si riconosce una “soggettività” sui generis, cioè l’essere qualcosa di diverso dal mero aggregato dei componenti che la costituiscono. Dall’altro, il focus sulla famiglia è sempre in chiave problematica: rileva solo quando è il luogo delle povertà economiche, educative sociali, ma anche pastorali. La famiglia, invece, è il perno strategico dell’educazione, della solidarietà e anche del civismo e dello sviluppo economico. Se indossiamo gli occhiali giusti, sappiamo avvicinare questa potenziale fonte di bene affinché non si insterilisca o ripieghi su se stessa.
Quali noti essere i punti di forza delle famiglie che incontri?
I punti di forza delle famiglie sono innumerevoli. Anzitutto il loro “sguardo lungo”. Oggi, in un’epoca in cui spesso si guarda solo all’immediato, il grande rimprovero alla politica e anche all’amministrazione delle grandi industrie, le famiglie vivono naturalmente dentro un dinamismo che tiene insieme passato, presente e futuro. Per le famiglie, come dice s. Agostino, esiste sempre “il presente del passato, il presente del presente e il presente del futuro”. Lasciare che le famiglie perdano questa caratteristica sarebbe drammatico. Un secondo punto di forza delle famiglie è quello di credere fermamente nella potenza delle relazioni fatte di dono e reciprocità. Come ha ricordato papa Leone XIV, nell’udienza del 28 maggio. “La vita è fatta di incontri, e in questi incontri veniamo fuori per quello che siamo. Ci troviamo davanti all’altro, davanti alla sua fragilità e alla sua debolezza e possiamo decidere cosa fare: prendercene cura o fare finta di niente”. È proprio in famiglia che si impara il valore della persona, il rispetto della diversità, il significato profondo del vivere insieme. Papa Francesco diceva che le famiglie si possono fare “laboratorio di umanizzazione”, veri e propri “spazi di libertà, centri di umanità” e “scuole del domani”.
Quali, invece, sono le criticità che senti di sottolineare?
Le famiglie stanno perdendo soprattutto la capacità di resistere alle complessità della vita, perché rischiano di accettare la cultura del provvisorio e la capacità di essere “antifragili”, cioè non solo di resistere alle contrarietà, ma di impegnarsi, a fondo e in modo creativo, per rilanciare la loro storia nelle difficoltà. Inoltre, emerge una tendenza a perdere fiducia nello spazio pubblico e nella partecipazione alle reti relazionali, associative e politiche. Quasi una nostalgia che non spinge a mettersi in moto ma a rimpiangere un passato. Ci siamo dimenticati così tanto della famiglia che la famiglia rischia di dimenticare se stessa.
Nel tuo libro parli di ecosistema. Da dove nasce questa metafora e che cosa vuole descrivere?
Dopo anni di attività formativa, educativa e associativa ho sentito il bisogno di raccogliere le intuizioni maturate sul campo, le esperienze condivise e i dati studiati, per provare ad offrire una nuova narrazione. La famiglia è organismo vivo interconnesso ed essenziale alla vita del Paese, è una realtà in continuo movimento che deve essere promossa, capacitata, tutelata. Solo ripartendo dalla famiglia – recuperando speranza e fiducia nei concreti, resistenti e resilienti nuclei familiari – possiamo costruire davvero un futuro più umano, giusto e sostenibile. Se la famiglia è qualcosa di vivo, un organismo, dobbiamo porre grande attenzione all’ecosistema in cui vive. Ecco allora la metafora. Il suolo rappresenta le radici: fiducia, reciprocità, dono, protezione. Senza un terreno fertile, nessuna pianta può crescere. Così, senza relazioni basate sulla cura, nessuna famiglia può durare nel tempo. L’acqua simboleggia la vita quotidiana delle relazioni familiari: un elemento essenziale che disseta, che rinnova e unisce. Il clima indica il contesto più ampio – sociale, culturale, economico, spirituale – in cui la famiglia è immersa. Se questo clima e ostile o instabile, anche le famiglie più forti fanno fatica. I nutrienti sono le politiche pubbliche, i servizi, l’istruzione, la riforma fiscale, gli strumenti concreti per sostenere le famiglie. L’aria è la speranza, materia invisibile, ma vitale: senza l’aria-speranza le famiglie si chiudono, si spengono. Infine, la luce è la dimensione spirituale, la ricerca di senso, la capacità di guardarsi negli occhi e di riconoscere nell’altro un dono, anche quando le situazioni sono complicate. Una famiglia è generativa quando questi elementi sono in equilibrio tra loro, e quando trova nel territorio circostante un ecosistema che ne rispetta i ritmi e ne sostiene la crescita.
Siamo ormai a metà dell’anno giubilare sulla speranza. Quali sono le speranze che nutrono le famiglie nel 2025?
Il Giubileo arriva come un vento inatteso che scuote, rinfresca e invita a rialzare lo sguardo. Parla direttamente negli occhi e nei cuori delle famiglie. Viviamo un tempo in cui la speranza è messa alla prova. La crisi demografica, ad esempio, non è solo il riflesso di condizioni economiche precarie o ritmi di vita insostenibili, ma è prima di tutto crisi di desiderio, di fiducia, di futuro. Come famiglie corriamo anche il rischio di essere abbacinati da “troppe luci inutili” che non ci aiutano a “uscir a riveder le stelle”, a de-siderare e poi a sperare. In molte famiglie, però, si è insinuata una sensazione di precarietà esistenziale che impedisce di progettare. E dove non si spera, non si genera. Non solo figli, ma neppure sogni, legami duraturi, visioni condivise, impegni resistenti. La speranza ha, perciò, bisogno di “respiro” e di circolarità. In contesti complessi o disgreganti, la tentazione è chiudersi, proteggersi, sopravvivere. Ma le famiglie possono essere segno di speranza se restano aperte, se si mettono in rete, se generano prossimità. Insieme abbiamo il grande compito di sostenerle, perché imparino a “saper abitare, oltre i limiti della propria casa” (AL 276) per prendersi cura della casa comune (Laudato si’). È in questo spirito che le reti familiari diventano veri e propri laboratori di umanizzazione: costruiscono relazioni, generano partecipazione, stimolano la solidarietà e le alleanze. La speranza si rafforza nella condivisione tra le famiglie e nella “compromissione” delle famiglie con il mondo.