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Islam: se c’è conoscenza , c’è anche rispetto
Disturbiamo Sallahdine Mourchid, imam di Montebelluna, mentre in casa si sta preparando il cibo da portare al centro islamico, quando al calar del sole si interromperà il digiuno, e tra amici, in più famiglie, si ritroveranno per una mezz’ora di preghiera, la penultima prima della notte, e, poi, per la condivisione del cibo. Un momento comunitario, anche se il Ramadan è vissuto, per la maggior parte dei musulmani che risiedono nel nostro territorio, da soli. “I musulmani - ci dice - sono tenuti alla preghiera obbligatoria, cinque volte al giorno. Solo al tramonto ci troviamo insieme ed è sempre un momento di grande gioia”. Alla sera, verso le 20, per l’Iftar, il pasto serale, racconta, invitano soprattutto i giovani che non hanno famiglia, per i quali prepararsi il cibo potrebbe risultare più complicato, dopo una giornata dove non hanno potuto bere, mangiare, fumare...
Sicuramente una pratica religiosa più complicata da seguire in un Paese non musulmano. Come è accolto dai colleghi di lavoro, ad esempio, questo loro digiunare? C’è curiosità, attenzione e rispetto? “Alcuni sono interessati a conoscere la nostra tradizione religiosa - ci spiega Mourchid -. E quando c’è conoscenza, c’è rispetto. Certo, è differente vivere il Ramadan qui o nel nostro Paese. In Marocco, ad esempio, in casa, strada, scuole, posti di lavoro tutti digiunano, quindi anche per i giovani è più facile seguirlo”. Ecco, appunto, i giovani. Anche tra i musulmani la pratica religiosa è meno sentita? “Per loro è sicuramente più difficile fare il Ramadan, e anche alcuni adulti sono lontani dalla Moschea e dalla loro comunità. E’ una sfida per chi non vive in un Paese musulmano. Dipende anche dai posti di lavoro. Per strada, poi, vedi gente che fuma e beve. E io noto la differenza con l’educazione dei figli: alcuni genitori non danno loro coraggio, sostenendoli, e, invece, dicono loro «Se hai fame, mangia». Così non li stimoli a fare digiuno”. Il centro culturale a Montebelluna si trova in piazza Parigi n.3 ed è sede dell’associazione “Attawasol”. Sallahdine ci invita a partecipare all’incontro della sera, “perché è aperto a tutti”, soprattutto sabato 23 marzo quando ci sarà una grande festa e partecipazione. Così come sono previste 300/400 persone alla fine del periodo del Ramadan, che si terrà in una palestra che hanno già individuato e richiesto.
Prima del giorno della festa, verrà anche raccolto il gesto di carità destinato ai poveri. Persone conosciute, in difficoltà, a cui essere vicini, in questo periodo, ma non solo.
Anche Oustaz Saliou Cama, senegalese, sta pregando e digiunando, e attende il tramonto con tutta la sua famiglia. “Non è come nel nostro Paese di origine, dove si lavora solo mezza giornata per rispettare il Ramadan, che è un diritto. Comunque, io lavoro in fabbrica qui da 18 anni e non ho difficoltà a farlo. I colleghi capiscono, con altri scherziamo, mi dicono che mi offrono il caffè...”. Quando accenno al fatto che il digiuno è fatto anche dai cattolici in alcuni giorni della Quaresima, Oustaz non è colto di sorpresa. Lo sa e lo ha anche fatto notare a una sua collega di lavoro, italiana, che “è andata a cercare in Internet perché non lo sapeva”.
Chiedo anche a lui se nota una diminuzione nella pratica del Ramadan, ma Oustaz sostiene che è complicato dirlo, perché non è una azione rituale visibile come tutte le altre, ma un’opera di culto della singola persona. “Il profeta ha detto che ognuno è libero nella sua scelta”.
Nei fine settimana, con la sua famiglia, si ritroverà con altri amici per interrompere il digiuno insieme alla sera. Non c’è vicino a loro una moschea, o un centro religioso. Per il 10 aprile, fine del Ramadan, cercheranno un posto più grande, che hanno individuato nell’area Parco Fenderl di Vittorio Veneto. E inviteranno anche i poveri. “Cinque anni fa, quando sono arrivati qui i migranti, abbiamo destinato loro la carità, sia per i musulmani che per i cristiani. Alle persone che hanno bisogno vanno i soldi che raccogliamo”.