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Il ricordo a cinquant’anni dalla tragica morte di Pier Paolo Pasolini

Alla riscoperta del profondo e problematico rapporto che il grande regista, scrittore, poeta e saggista, ha intrattenuto con la dimensione religiosa del Cristianesimo e l’esperienza, vitale e sofferta, della preghiera

A cinquant’anni dalla tragica morte di Pier Paolo Pasolini (Bologna, 5 marzo 1922, Ostia, 2 novembre 1975 ), in circostanze mai del tutto chiarite, è sempre più necessaria una riscoperta del profondo e problematico rapporto che il grande regista, scrittore, poeta e saggista, ha intrattenuto con la dimensione religiosa del Cristianesimo e l'esperienza, vitale e sofferta, della preghiera.

Pur dichiarandosi non credente e assumendo talora posizioni anticlericali, ci ha lasciato nel film “Il Vangelo secondo Matteo”, una testimonianza, commovente e profetica, del suo vivo amore per la figura di Gesù e per l'altezza assoluta del suo messaggio universale di amore, di pace e di giustizia.

Ma in questa sede, intendo soffermarmi principalmente sul riuso, da parte di Pasolini, della forma preghiera, facendo mie alcune considerazioni della nota studiosa Caterina Verbaro, al riguardo (si veda “La preghiera nella letteratura italiana “, Ipl, Milano, 2024, da p. 758 a p. 766).

Anzitutto, occorre ricordare che tra poesia e preghiera esiste un'analogia strutturale, ovvero ci sono diversi caratteri in comune ; pensiamo soltanto alla concisione, all'analogia, all'importanza dei parallelismi sintattici e al rilievo conferito alle figure semantiche, come la metafora e l'allegoria.

In secondo luogo, in alcune raccolte, specialmente (si pensi a “L'usignolo della Chiesa Cattolica”, pubblicato nel 1958, e a “ Poesia in forma di rosa”, edita nel 1964), Pasolini intride i suoi testi di simbologie e immagini bibliche, intensamente vissute, costruendo poesie in forma di preghiera.

Per averne conferma, si rilegga, in maniera appassionata e senza pregiudizi, “La Crocifissione”, che reca in epigrafe un passaggio di 1 Cor. 1, 23: “Ma noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo pe' Giudei, stoltezza pe' Gentili”.

“Bisogna esporsi (questo insegna/ il povero Cristo inchiodato?), / la chiarezza del cuore è degna / di ogni scherno, di ogni peccato / di ogni più rude passione (... ). Noi staremo offerti sulla croce,/ alla gogna, tra le pupille / limpide di gioia feroce,/ (...) per testimoniare lo scandalo” (Caterina Verbaro, cit., p. 760).

Questa splendida poesia nulla ha perso della sua efficacia poetica e della sua forza profetica (scandalosa risulta la Buona Novella evangelica, dinnanzi alle stragi, al genocidio in atto nella Striscia di Gaza e alle troppe guerre che sconvolgono il mondo).

Infine, mi piace concludere questo breve articolo, presentando “ Supplica a mia madre”, che, a mio giudizio, deve considerarsi il capolavoro assoluto del Pasolini poeta. Il celebre autore, che nel film, “Il Vangelo secondo Matteo”, ha convocato l'amata madre, a impersonare la sacra icona della Vergine Maria, presentandola ai piedi della Croce, su cui è innalzato il Figlio di Dio, costruisce un testo di rara limpidezza e armonia, a partire già dall'andamento regolare dei distici di doppi settenari, a rima baciata.

“Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore, / ciò che è stato sempre, prima di ogni altro amore. / Per questo devo dirti ciò ch'è orrendo conoscere: è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia”.

Miracolosamente, si potrebbe dire, Pasolini, che in un'altra sua poesia, chiedeva al caro Dio, di far vivere gli uomini, come “ gli uccelli del Cielo e i gigli dei campi” , ritrova , nella “ Supplica a mia madre” gli accenti poetici della preghiera più intensa e commovente, avvolgendo l'amata figura materna, in un “perimetro d'amore e orizzonte di eternità” (Caterina Vergaro, cit., p. 764).

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