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Primo bilancio della vendemmia 2025: i dazi turbano il mercato


La vendemmia 2025 è in corso, è ancora troppo presto per stilare un bilancio complessivo di come questa campagna agricola stia procedendo (seppure i primi dati siano molto positivi), ma, come redazione, abbiamo comunque provato a raccogliere alcune riflessioni nel settore. Il tema di attualità è sicuramente l’introduzione dei dazi doganali da parte degli Stati Uniti, che ha notevolmente destabilizzato i mercati. Fissati al 15%, ora si tratta di capire come effettivamente reagirà il consumatore americano rispetto a tali aumenti.
Lamberto Frescobaldi, presidente dell’Unione italiana vini (Uiv), ha dichiarato: “Secondo le nostre analisi, a inizio anno la bottiglia italiana che usciva dalla cantina a 5 euro, veniva venduta sullo scaffale americano a 11,5 dollari; ora, fra dazio e svalutazione della moneta statunitense, il prezzo della stessa bottiglia sarebbe vicino ai 15 dollari. Con la conseguenza che, se prima il prezzo finale, rispetto al valore all’origine, aumentava del 123%, da ora in poi lieviterà al 186%”.
Dati di Veneto Agricoltura
“Dai dati presentati dall’Osservatorio economico agroalimentare di Veneto agricoltura, in collaborazione con il Crea – ha spiegato a fine agosto Federico Caner, assessore all’Agricoltura del Veneto -, emerge un quadro complessivamente positivo: la produzione di uva nel Veneto è stimata attorno ai 14 milioni di quintali, con un incremento previsto tra il +3% e il +5% rispetto al 2024. Un risultato favorito dall’entrata in produzione di nuovi impianti e da un andamento climatico che, pur con episodi di maltempo e grandinate localizzate, ha garantito uno sviluppo vegetativo regolare e uno stato sanitario generalmente buono”.
Le rese si mantengono stabili o in lieve aumento, mentre la qualità delle uve è giudicata da buona a ottima, con aspettative elevate anche per i vini che ne deriveranno. Non mancano, tuttavia, criticità nei vigneti biologici. Il trend si estende anche al resto del Nord-Est.
“Nonostante le ottime prospettive nella produzione di uve - aggiunge Caner -, il comparto vitivinicolo si trova ad affrontare sfide importanti. Da un lato, l’andamento climatico sempre più imprevedibile impone scelte tecniche tempestive, dall’altro, il mercato internazionale continua a vivere una fase di incertezza, segnata dal calo dei consumi globali e dal peso dei dazi Usa. In merito, sono convinto che le nostre imprese sapranno riassorbire gli aumenti legati ai dazi, e per questo esorto sempre i produttori a diversificare i mercati. Il cosiddetto Pacchetto vino atteso da Bruxelles rappresenta un tassello strategico per rafforzare la filiera: dalla proroga delle autorizzazioni di reimpianto alla promozione nei Paesi terzi, passando per strumenti straordinari come la distillazione obbligatoria e la vendemmia verde. L’obiettivo è duplice: garantire equilibrio sul mercato e assicurare redditività ai produttori, mantenendo al tempo stesso alta la reputazione del vino veneto e italiano nel mondo”.
Dati export della Camera di Commercio
In una nota del 17 settembre, il presidente della Camera di Commercio di Treviso e Belluno|Dolomiti, Mario Pozza, dichiara: “I dati Istat relativi all’interscambio commerciale del primo semestre 2025, vedono una lieve diminuzione delle esportazioni provinciali sia per Treviso (-2%) che per Belluno (-2,2%)”.
Per la provincia di Treviso, gli Stati Uniti rappresentano il terzo mercato di riferimento per valore export: per i primi sei mesi dell’anno sono quasi 646 milioni di euro, l’8,3% del totale provinciale. Rispetto al primo semestre 2024 le esportazioni trevigiane verso gli Stati Uniti sono in calo del -4,4%. Il timore dazi ha frenato soprattutto l’export di macchinari industriali, i mobili e gli elettrodomestici; le bevande (principalmente Prosecco) hanno, invece, beneficiato di un anticipo di domanda. Rispetto al primo semestre 2024 le vendite sono state superiori del +10,8%: il risultato è frutto della forte accelerazione del primo trimestre quando le esportazioni erano cresciute quasi del +30%. “Un’altra evidenza che emerge dai dati è il recupero delle esportazioni provinciali verso il mercato tedesco, - ribadisce il presidente Pozza - sottolineando l’importanza che il mercato domestico europeo riparta, opportunamente sostenuto; dall’altra, ribadiscono l’altrettanta valenza strategica della diversificazione dei mercati, su cui spesso mi sono speso”.
Le preoccupazioni di Coldiretti in merito ai dazi
Alla luce dell’accordo-quadro tra Unione europea e Stati Uniti in materia di dazi, che dal 1° agosto 2025 ha previsto l’applicazione di tariffe del 15% sui prodotti agroalimentari italiani senza alcuna esenzione, Coldiretti Veneto ha espresso forte preoccupazione per l’impatto economico sulle filiere regionali e nazionali, emerso anche nel corso del Trittico vitivinicolo organizzato da Veneto agricoltura.
Secondo Coldiretti e Filiera Italia, basandosi sui dati del Centro studi Divulga, il provvedimento rischia di colpire duramente le eccellenze del Made in Italy, con un danno stimato di oltre 1 miliardo di euro all’anno per il comparto agroalimentare. Tra i settori più penalizzati: vino, olio extravergine di oliva, pasta e comparto suinicolo.
In questo scenario, il Veneto è tra le regioni più esposte: solo verso gli Stati Uniti l’export agroalimentare regionale vale 930 milioni di euro, con il settore vitivinicolo in prima linea. Il mercato statunitense del vino per la nostra regione conta 593 milioni di euro, il Veneto è il primo esportatore nazionale con il ruolo di traino del Pinot Grigio e del Prosecco. “Il comparto vitivinicolo veneto è il motore dell’export agroalimentare regionale e subirà un colpo pesantissimo da questi nuovi dazi”, ha dichiarato Giorgio Polegato, presidente della Consulta vitivinicola di Coldiretti Veneto.
A complicare ulteriormente il quadro ci sono anche le pressioni degli importatori per ottenere “sconti”, una dinamica che sta già creando difficoltà alle imprese italiane. Queste ultime si trovano, infatti, di fronte al rischio di dover ridurre i volumi esportati o vendere i prodotti a prezzi troppo bassi, con inevitabile impatto negativo sui margini. Senza dimenticare la possibilità che si rafforzino i fenomeni di “Italian sounding”, spingendo i consumatori americani verso imitazioni dei prodotti italiani di qualità.