Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
Donne al lavoro senza tutele

Sottopagate, sottorappresentate, marginalizzate, sottovalutate, ostacolate: la maggior parte degli studi sulla presenza (scarsa) delle donne nel mondo del lavoro convergono su questa rappresentazione. Spesso perché sono ancora di fronte a un aut aut tra carriera e maternità: manca la cultura della parità di genere, i servizi per le famiglie sono insufficienti, oppone ancora resistenza l’idea dell’uomo come caregiver all’interno del nucleo familiare. In questo scenario le donne si ingegnano come possono e di conseguenza s’ingrossano le fila delle donne in partita iva nel Terziario avanzato.
Fenomeno in crescita
Dai dati Inps emerge che in otto anni (2015-2023) il numero di donne in partita iva nella nostra regione è arrivato a 20.111 unità. In generale, tra uomini e donne, si è passati da 27.441 posizioni a 42.540 (con un fatturato totale sugli 850 milioni di euro). Ne risulta che le donne costituiscono poco meno della metà di questo dato umano, il che è significativo visto che in generale le donne occupate sono il 20% in meno rispetto agli uomini. Chi sono, quindi, queste donne? Sappiamo che sono soprattutto giovani professioniste del terziario avanzato (attività traino nell’economia veneta come quelle commerciali, logistiche, turistiche e dei servizi), che molte lavorano da casa, in rete con altre professioniste; ma non solo sono difficilmente classificabili nelle categorie Ateco del Terziario tradizionale, sono anche difficili da inquadrare dal punto di vista del valore prodotto e della collocazione sociale.
I risultati Asvess
Su mandato della Commissione regionale per le pari opportunità, Asvess (Associazione veneta per lo sviluppo sostenibile) ha recentemente condotto due focus group su un campione di professioniste tra i 27 e i 54 anni con partite iva non appartenenti a un ordine professionale, con lo scopo di indagare qualitativamente modelli organizzativi adottati, le ragioni della scelta del lavoro autonomo rispetto a quello alle dipendenze, con vantaggi e criticità. Un fenomeno femminile da tempo attenzionato, spiega Loredana Zanella, presidente della Commissione: “La scelta di forme contrattuali atipiche permette una gestione del tempo più flessibile, maggior libertà e conciliazione con le esigenze delle famiglie. Ma ci sono tutele? È una scelta libera o obbligata?”. Dall’Asvess emerge proprio questo: “Il reddito è un obiettivo secondario rispetto non solo alle condizioni di organizzazione del lavoro, ma anche alle aspettative di sviluppo professionale e sociale” di queste donne, la cui quasi totalità ha anche un ruolo di caregiver in famiglia.
Il commento di Cisl Veneto
Così Stefania Botton, dalla Segreteria Cisl Veneto: “Il fenomeno delle partite Iva «involontarie», ovvero di lavoratrici costrette a passare da un rapporto di lavoro dipendente alla libera professione per eludere i diritti contrattuali, è una realtà che monitoriamo da tempo. Tuttavia, i dati attuali evidenziano soprattutto la presenza di microimprese femminili, spesso costituite da una sola persona, attive in settori caratterizzati da retribuzioni contrattualmente più basse. Di conseguenza, il reddito generato da queste attività autonome risulta ancora più esiguo, anche a causa della loro natura spesso temporanea. Queste donne rischiano di trovarsi in condizioni di povertà, non solo nel presente, ma anche in prospettiva pensionistica. Al contrario, gli uomini tendono ad aprire partite Iva in ambiti con remunerazioni significativamente più elevate. È vero che, a livello nazionale, sono stati istituiti fondi specifici per incentivare il lavoro autonomo femminile, offrendo alle donne l’opportunità di lavorare e di realizzarsi professionalmente. Tuttavia, spesso questa scelta è dettata dalla necessità di conciliare i tempi del lavoro di cura familiare con quelli professionali, un compito che dovrebbe essere condiviso equamente anche dagli uomini. Non si dovrebbe più parlare di «conciliazione», ma di «condivisione» del tempo dedicato alla cura”.