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Escalation di violenza in Ecuador

I cartelli del narcotraffico scatenano il caos, la risposta è solo militare. Dal Paese sudamericano il racconto del cooperatore caeranese Giuseppe Tonello e del missionario don Giuliano Vallotto
19/01/2024

Chi legge le pagine “Terre&Missioni” già sapeva, dallo scorso maggio, che l’Ecuador, Paese sudamericano con forti legami missionari con l’Italia e con la nostra diocesi in particolare, è sempre più in mano al narcotraffico e ai gruppi criminali, alleati dei maggiori cartelli messicani. A partire dal 7 gennaio è avvenuto un “salto di qualità”, con giorni che hanno provocato un’ondata di violenza e terrore nel Paese, e soprattutto nelle carceri. La risposta del presidente Daniel Noboa è stata la dichiarazione di “stato di conflitto interno”, nella quale si legge un dettagliato elenco di ben 22 gruppi criminali presenti in Ecuador.

La situazione, già molto difficile da mesi, è precipitata con l’evasione di Adolfo Macías Villamar – meglio conosciuto come Fito – leader dei Los Choneros, condannato a 34 anni di carcere. Il giorno successivo, si è registrata l’evasione di un altro capo di gruppi criminali, Fabricio Colón Pico, dei Los Lobos. Nei principali centri penitenziari del Paese, la situazione è stata fuori controllo per giorni, con centinaia di guardie tenute in ostaggio. Ma la tensione si è spostata nelle principali città, in particolare Quito, Guayaquil, Loja, Esmeraldas e Cuenca, con autobombe, auto incendiate, attacchi alle forze dell’ordine, perfino assalti a tivù e ospedali.

I trevigiani che vivono in Ecuador, da noi interpellati, manifestano preoccupazione sia per quanto sta avvenendo, sia per la risposta, soltanto sul piano “militare”, data dal presidente Noboa.

Per Giuseppe Tonello, cooperatore sociale originario di Caerano di San Marco, “il punto decisivo è che lo Stato è assente. E il vuoto viene riempito da presenze criminali. Le carceri sono controllate dalle bande dei narcotrafficanti, si paga il pizzo per mantenere aperti i negozi. Lo Stato risponde con l’aumento degli investimenti per la polizia e le forze armate. Sarebbe molto più utile spendere soldi per l’educazione, la salute e il lavoro della gente”. Parlando, poi, di droga, in Ecuador ci sono due temi fondamentali: “Il primo è quello del narcotraffico a livello mondiale. Dai porti e aeroporti dell’Ecuador parte cocaina in quantità enormi, l’anno scorso la polizia ha sequestrato circa 200 tonnellate di cocaina, che si stima sia appena il 20% di quella che sta circolando. Questa droga viene principalmente dalla Colombia e Perù, ma anche dalla Bolivia. I finanziatori sono i consumatori del nord del mondo e le grandi mafie internazionali che fanno da intermediarie: italiana (n’drangheta e altre), albanese, russa, messicana (vari cartelli), brasiliana, ecc. Il secondo tema è quello del microtraffico. I grandi trafficanti hanno bisogno della collaborazione di tante persone, che non vengono pagate con denaro, ma con droga. Per trasformare la droga in soldi si fanno le microdosi (bustine da meno di un grammo) che si vendono a costi bassi (un dollaro o poco più) anche ad alunni delle elementari. Il microspacciatore si conquista una zona per il suo spaccio (uno o più isolati), che deve essere rispettata. Il non rispetto dei territori causa conflitti che spesso terminano in sparatorie. Ciò spiega in parte l’enorme numero di omicidi che si registrano in Ecuador, 8.008 nel 2023”.

Il sacerdote fidei donum don Giuliano Vallotto ha vissuto i giorni più caldi a Muisne, sull’oceano Pacifico, dove la situazione è rimasta tranquilla. Ha fatto, quindi, ritorno a Quito: “C’è un diffuso clima di paura, però questo non significa che siamo paralizzati, né noi, né le scuole, né i mercati, né le attività professionali. Il Paese continua a vivere. Forse bisognerebbe ricordare le responsabilità politiche di questa situazione”. Che le bande stiano reclutando tra i giovani molta manovalanza, “è certo. Choneros, Tiguerones, Lobos, e quant’altro, hanno migliaia di adepti. Non solo in città, ma anche in campagna. Ma, dal mio punto di vista, questo si deve al fatto che manca lavoro per giovani e adulti. Parallelamente all’arruolamento in gruppi criminali cresce l’emigrazione in tutte le maniere e con i rischi che ne conseguono”.

Conclude don Vallotto: “A tutte le messe ho manifestato la mia contrarietà, sia alla scuola a distanza, che continua per gli istituti pubblici anche in questa settimana in 5 province, sia per la licenza di uccidere affidata all’esercito, garantendone l’impunità”.

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