giovedì, 30 ottobre 2025
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Ancora morti in mare

In settimana, naufragio al largo della Tunisia. L’agenzia Frontex spiega le linee d’azione sui soccorsi e sui minori

Nel nuovo bilancio europeo 2028-2034, 12 dei 74 miliardi per la sicurezza andranno a sostegno dell’agenzia Frontex. Le tensioni geopolitiche sul fronte orientale, e le richieste di Trump di aumentare le spese militare da parte dei Paesi europei stanno segnando le scelte future dell’Ue: più spese militari meno investimenti nel sociale e nell’ambiente. Critiche dalle Ong sulle scelte della Commissione europea perché ritengono che attraverso Frontex “si militarizzano i confini a scapito dell’asilo”.

Rispetto alla cronaca di questi giorni - con un nuovo naufragio nelle acque tunisine di fronte a Salakta, nel governatorato di Mahdia - Frontex ha fatto sapere che, come per tante altre questioni, non ha strumenti comuni per agire. Dal 2014, in questo tratto di mare, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha contato 32.803 morti o dispersi: quasi la popolazione di una piccola città, cancellata dalle carte. Eppure recenti inchieste giornalistiche ci raccontano anche altro dell’impegno della Ue per contrastare l’immigrazione...

La narrativa controversa della Ue

Negli anni scorsi, Frontex è stata a più riprese oggetto di critiche per presunte collaborazioni con le autorità libiche per contenere il flusso degli sbarchi. Nei mesi scorsi l’agenzia è stata, invece, al centro di forti critiche, non solo in Germania, per aver pubblicato, alla fine del 2023, un opuscolo illustrato, dal titolo traducibile come “La mia guida per il ritorno”, per spiegare le espulsioni e i rimpatri ai bambini di età compresa fra i 4 e gli 11 anni. L’opuscolo è stato tradotto in sole 5 delle 24 lingue comunitarie: inglese, francese, tedesco, spagnolo e portoghese. Viene spiegato ai bambini che arrivano in Europa che il loro futuro è nel Paese di origine dei loro genitori, ed è preferibile non imparino la lingua e la cultura del Paese che temporaneamente li ospita. Rientrare nel proprio Paese di origine viene presentato attraverso il racconto per immagini di una grande opportunità. L’opuscolo, di 168 pagine, prevede nella sua seconda parte delle attività educative per preparare sotto forma di gioco i bambini al rientro.

La “disinformazione istituzionale”

Frontex è responsabile delle espulsioni, dei rimpatri e delle partenze volontarie dall’Europa ed è anche l’Ente che ha pubblicato l’opuscolo in questione, nel quale l’espulsione dal Paese in cui si vive, lo sradicamento, perfino l’ipotesi della detenzione in un centro di permanenza temporanea in attesa del rimpatrio, e la possibilità di vedere i propri genitori o familiari imbarcati in un aereo in manette, vengono presentati come una colorata e simpatica avventura. Anche la chiave di lettura data ai 42 articoli della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza è quanto meno discutibile.

A che punto siamo? Abbiamo chiesto un’intervista a Frontex per aiutarci a fare una fotografia migratoria in Europa. Abbiamo così avuto la possibilità di intervistare Katarzyna Volkmann, una dei portavoce della sede di Varsavia.

Dieci anni fa (2015) scoppia l’emergenza migranti e rifugiati in Europa in fuga dalle guerre in Siria, Iraq e Afghanistan e da conflitti e povertà in Africa. A che punto siamo oggi?

Dieci anni fa, l’Europa è stata colta di sorpresa. Le guerre in Siria, Iraq e Afghanistan, insieme all’instabilità e alla povertà in Africa, hanno portato un gran numero di persone alle nostre frontiere in brevissimo tempo. I sistemi non erano pronti e la portata sembrava schiacciante. Oggi, i flussi sono più ridotti e più controllati, ma le ragioni per cui le persone si spostano sono ancora presenti. Conflitti, insicurezza e cambiamenti climatici continuano a spingere le famiglie a rischiare la vita. La differenza è che l’Europa è meglio preparata. Frontex è diventata un partner molto più forte per gli Stati membri alle frontiere esterne, con più personale, una migliore sorveglianza e un’attenzione particolare alla protezione delle persone vulnerabili. Tra queste, rientrano i minori che arrivano soli o in condizioni di estrema fragilità.

La pressione migratoria lungo le rotte del Mediterraneo com’è cambiata in questi dieci anni?

Il Mediterraneo rimane uno degli attraversamenti più pericolosi al mondo. Nel 2015, la rotta del Mediterraneo orientale verso la Grecia ha registrato un numero enorme di migranti. Successivamente, il Mediterraneo centrale, dal Nord Africa verso l’Italia e Malta, è diventato più attivo. Queste rotte cambiano a seconda di conflitti, instabilità o “tattiche” dei trafficanti. Ciò che non è cambiato è il pericolo! Troppe vite perdono la vita in mare. Frontex supporta le autorità nazionali con sorveglianza aerea, pattugliamenti e intelligence. Rileviamo imbarcazioni in difficoltà e allertiamo immediatamente i centri di soccorso. Non possiamo coordinare i soccorsi da soli, ma facciamo tutto il possibile per garantire che i soccorsi raggiungano rapidamente le persone. Proteggere le vite è la nostra prima preoccupazione, soprattutto quando ci sono bambini tra coloro che affrontano questi viaggi pericolosi.

E quella lungo le rotte dei Balcani?

La rotta dei Balcani occidentali ha sempre fatto parte del quadro generale. Per anni, molte persone hanno proseguito il loro viaggio verso nord attraverso questo corridoio dopo essere arrivate in Grecia. Ma negli ultimi due anni abbiamo assistito a un calo significativo degli attraversamenti irregolari. I Paesi lungo la rotta hanno intensificato le proprie misure e Frontex ha fornito supporto con personale, tecnologia e intelligence. Operiamo anche in luoghi come la Serbia, nell’ambito di accordi formali, contribuendo a individuare tempestivamente gli attraversamenti e a smantellare le reti di trafficanti. Sebbene i numeri siano in calo, la rotta è ancora attiva e le persone continuano ad arrivare in condizioni difficili. Per questo motivo, continuiamo a concentrarci sia sulla sicurezza che sui diritti. I nostri agenti sono addestrati per garantire che le persone vulnerabili, compresi i bambini, non vengano trascurate.

I minori costituiscono circa un terzo di tutti i rifugiati e migranti che arrivano in Europa. Cosa fa Frontex per proteggerli?

Ogni persona che arriva alle frontiere esterne dell’Europa ha dei diritti, indipendentemente dal suo background o dalla sua identità. La tutela di tali diritti è fondamentale per il nostro lavoro. Negli ultimi anni abbiamo aumentato il numero di osservatori dei diritti fondamentali nelle nostre operazioni. Sono presenti sul campo, monitorando attentamente, prevenendo gli abusi e garantendo il rispetto della dignità. Richiediamo a tutti i nostri agenti di essere formati sui diritti fondamentali, il che include il riconoscimento delle esigenze dei gruppi vulnerabili come le minoranze o i bambini. Se qualcosa va storto, esistono sistemi per segnalarlo e indagare, incluso un meccanismo di reclamo. Per Frontex, questa non è solo una politica sulla carta. Fa parte della pratica quotidiana alle frontiere.

Quali sono le principali criticità che i minori migranti, spesso senza genitori e figure adulte di riferimento, si trovano a vivere una volta sbarcati in Europa?

I minori affrontano i rischi maggiori alle frontiere. Alcuni arrivano con le loro famiglie, ma molti sono completamente soli. Spesso sono esausti, traumatizzati e vulnerabili allo sfruttamento da parte dei trafficanti. Il primo passo è identificarli rapidamente e garantire la loro sicurezza. Frontex non opera all’interno dei Paesi (lontano dai confini), ma alle frontiere addestriamo i nostri agenti a riconoscere i minori in difficoltà e a garantire che vengano indirizzati alle autorità nazionali competenti. Da lì, la responsabilità di fornire protezione, tutela e servizi spetta allo Stato membro. Il nostro compito è garantire che nessun minore venga trascurato in quel primo momento di contatto, quando spesso è più vulnerabile.

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