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Casa Barragán

Giovedì 10 luglio alle ore 18, nell’auditorium di palazzo Bomben di Treviso, prosegue, con un nuovo incontro, L’architettura per tutti. Le case più famose del mondo, una rassegna di divulgazione dell’architettura, – che ogni anno toccherà una specifica categoria di edifici –, organizzata dalla Fondazione Benetton Studi Ricerche, a cura di J.K. Mauro Pierconti, storico dell’architettura e curatore dello spazio espositivo di Ca’ Scarpa.

In questo appuntamento, protagonista sarà Casa Barragán a Città del Messico, costruita nel biennio 1947-48 dall’architetto Luis Barragán per sé e la sua famiglia.

Qui lo spazio dell’abitazione e il primo dei giardini – quello più immediato e prossimo – sono una cosa sola; lo si percepisce al primo sguardo, vedendo come Barragán ha progettato e realizzato la grande finestra che guarda verso la luce e il verde, disponendo grandi lastre di vetro, inserite direttamente nei muri, nel soffitto e nel pavimento, e con solo un sottile telaio a croce a disegnarne la presenza. Interno ed esterno si guardano l’un l’altro; si corrispondono in una relazione che li fonde insieme.

Quella di Barragán è una casa che si è sviluppata nel tempo, perché, già dopo pochi anni dalla costruzione, l’architetto è intervenuto per aggiungere e modificare alcune parti, tra cui la grande finestra che guarda all’esterno, lasciando invece che nel giardino la vegetazione crescesse liberamente.

Più volte, poi, cambierà il tetto piano, interamente calpestatile e delimitato da muri che hanno assunto nel tempo diversi colori e tonalità; materiali pure diversi, per arrivare infine a elevare alte pareti di pietra diversamente colorate, che definiscono il secondo giardino della casa: quello che inquadra la porzione di cielo soprastante.

Se all’esterno è la natura a giocare un ruolo primario, all’interno, il tempo attraversato dall’architetto nel corso della sua lunga esistenza ha lasciato abbondanti segni di sé sottoforma di oggetti, dettagli che affollano quello spazio sommamente privato, confermando come Barragán abbia coltivato e nutrito un’idea aperta del tempo e che, per lui, lo spazio di una casa non era mai il risultato di un processo chiuso e concluso nel ciclo della sua costruzione ma un organismo che cresceva e mutava in comunione con la natura così ricca di quella parte della capitale messicana.

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