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Arcade: un dottore contro Ebola
La testimonianza di Giovanni Putoto e del suo lavoro in Sierra Leone con Medici con l'Africa Cuamm

“Il limite ti sfida, ma sai che il bene c’è, bisogna farlo emergere”. Queste le parole del dott. Giovanni Putoto, responsabile della gestione dei progetti del Cuamm medici con l’Africa, scandite con forza, per sintetizzare l’opera instancabile dei volontari che da 60 anni portano umanità e competenza sanitaria “nell’ultimo Miglio” dei più sperduti territori africani, dove niente e nessuno riesce ad arrivare, accanto al dolore di mamme e bambini in balia dei più diversi mali.
L’Africa è ormai seconda patria per il dott. Putoto, che ha raccontato mercoledì 26 novembre, ai tantissimi presenti in sala Don Bosco, all’oratorio di Arcade, la sua esperienza professionale e missionaria, iniziata più di due decenni or sono in Uganda.
Lo ha fatto con l’entusiasmo tipico di chi porta con sé il sorriso, le lacrime e la vita di persone che attendono, prigioniere di bisogni endemici e quotidiana lotta per sopravvivere, che qualcuno tenda la mano, che riconosca loro il diritto alla salute.
Le foto che scorrevano sullo schermo parlavano da sole e raccontavano le storie di chi non ce l’ha fatta a vincere il virus ebola nelle foreste della Sierra Leone, come Suarè, un giovane che appare aitante nella sua opera di soccorso ma che soccomberà al male; come di chi invece ce l’ha fatta: Ziny, altro giovane, che la fotocamera riprende sorridente e ormai fuori pericolo e che è diventato ambasciatore di speranza.
Intanto le emozioni si accavallavano, mentre venivano snocciolati i dati del bisogno delle genti più povere d’Africa: 48 anni la vita media in Sierra Leone, un medico ogni 50.000 abitanti, una mortalità infantile di 185 bambini su 1000 sotto i 5 anni, la salute a pagamento. La commozione diventava palpabile, mentre Giovanni spiegava quanto lavoro sia necessario e quante risorse per individuare i focolai del virus ebola, per isolare i contagiati e mettere in quarantena coloro che sono venuti a contatto con persone infette; quanta pazienza e forza occorra per convincere la gente a cambiare le proprie abitudini ataviche e le proprie ritualità. E’ un’opera fondamentale ha spiegato il medico missionario, quella della promozione sanitaria, per costruire con la gente, che si muove continuamente sul territorio, un’abitudine alla prevenzione e alla cura dei mali.
Altre parole forti che sono ritornate più volte nel dialogo in sala sono state: condividere, stare accanto, incontrare, formare, quasi a significare che sono i piccoli traguardi raggiunti silenziosamente a costituire il tessuto su cui costruire il domani della sanità in Africa.
“Dio dov’è in questo mare di sofferenza, ci si potrebbe domandare? - ha concluso Giovanni Putoto -. Nelle invocazioni della gente che soffre, nel senso di comunità tra poveri che si fanno carico gli uni degli altri, nell’impegno ad umanizzare la cura dei mali più gravi”.
Cuamm medici con l’Africa, organizzazione attualmente presieduta da don Dante Carraro, è presente in 7 paesi dell’Africa sub sahariana e vede coinvolti più di 1.500 volontari, molti dei quali giovani.