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Premierato, Ceccanti: “Riforma incamminata su un binario sbagliato”

Intervista a Stefano Ceccanti, docente di Diritto costituzionale alla Sapienza di Roma
17/11/2023

Un’occasione (l’ennesima) che rischia di essere persa. Stefano Ceccanti, già parlamentare del Pd, ma qui nella vesta di docente di Diritto costituzionale alla Sapienza di Roma, ritiene che la proposta di riforma costituzionale sul cosiddetto “premierato “si sia incamminata su un binario del tutto sbagliato”. E questo nonostante un’iniziale propensione, dello stesso Ceccanti (riformista da sempre) e di parte del Pd a scegliere, come modello, proprio quello del “premierato”, nell’ottica di un rafforzamento del Governo.

“Le proposte fin qui immaginate - argomenta Ceccanti - per lo più si basavano su un’indicazione (non un’elezione diretta) di un Primo ministro, abbinata a un sistema prevalentemente maggioritario e su poteri analoghi a quelli del Cancelliere tedesco, e cioè la fiducia al solo Cancelliere da parte di una sola Camera, potere di chiedere al Capo dello Stato la revoca oltre che la nomina dei ministri, sfiducia costruttiva, con indicazione di un nuovo premier a maggioranza assoluta, potere di chiedere elezioni anticipate qualora sconfitto sulla fiducia, che sono concesse qualora entro pochi giorni la Camera non elegga un nuovo premier a maggioranza assoluta”.

Invece, secondo il costituzionalista, la proposta di riforma immagina l’elezione di un “comandante senza poteri”: “La fiducia resta bicamerale, per revocare i ministri bisogna ancora passare per la sfiducia individuale, lo scioglimento, in realtà, finisce per slittare sull’eventuale secondo premier della legislatura, l’unico non sostituibile. L’idea di fondo sembra quella di affidare tutto al trascinamento di fatto dell’elezione diretta che porterebbe a prendere dei poteri non formalmente riconosciuti: un approccio divaricante rispetto al costituzionalismo liberaldemocratico”.

Entrando nel dettaglio, Ceccanti fa notare che al “premier non basta l’elezione diretta, ma deve poi riprendere la fiducia con l’intero Governo; può essere sostituito da qualcuno che è stato eletto dentro la stessa maggioranza, ma tranne il richiamo etereo alla continuità di programma, il secondo premier può in realtà costruirsi una maggioranza come vuole. In questo modo, è evidente che si fotografa e si incentiva la conflittualità tra i leader dei partiti della maggioranza. Il secondo premier è più forte del primo perché solo la sua caduta porterebbe al voto anticipato, non quella dell’eletto direttamente”.

Inoltre, è “anomala rispetto alle elezioni dirette europee, e anche italiane, l’assenza del tetto ai mandati: la concentrazione del potere ha bisogno di essere limitata nel tempo”.

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