L’Indo-Pacifico e la Cina
Trump vuole a qualsiasi costo arrivare a una pace con Vladimir Putin e definire...
“Il punto è centrale è la risposta che come cristiani diamo al male, presente nella storia fino all’ultimo giorno. Io mi rifaccio alla «dottrina», ai punti 36, 37 e 38 della Costituzione Gaudium et Spes. Il male si contiene, al limite anche militarmente”. È netto il pensiero di Luca Diotallevi, docente di Sociologia all’Università di Roma Tre, molto presente nel dibattito pubblico, attraverso numerosi articoli, nei quali, da cattolico, si è detto, in questi anni, favorevole agli aiuti militari all’Ucraina e, negli ultimi giorni, al piano di Difesa elaborato dalle Istituzioni europee.
Da cristiani, dunque, è giusto essere favorevoli anche al riarmo?
Non si tratta di avere diverse sensibilità, io direi che si tratta di un dovere. D’altronde, solo qualche giorno fa la Comece, cioè la Commissione che raggruppa i vescovi dell’Unione europea, ha ringraziato i Paesi europei per il loro sostegno di questi anni all’Ucraina, cioè un Paese aggredito, che non era certo tenuto a chiedere il permesso a Putin per essere libero. E martedì scorso, al Parlamento europeo, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen ha citato Alcide De Gasperi in modo strepitoso per riprendere l’idea di difesa comune dello statista trentino, il quale metteva in conto che ci potesse essere un attacco esterno guidato dall’odio contro l’Europa. Lo dico per paradosso, oggi la voce del magistero sociale della Chiesa ci arriva nel modo più limpido dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella (vedi box a fianco). Io, personalmente, sono contrario al potere della Presidenza della Repubblica, per come si è configurato in Italia, ma devo dire che meno male che c’è lui a “tenere in piedi la baracca”, negli ultimi tre anni non ha sbagliato un intervento.
Cosa imputa a chi, nel mondo cattolico, esprime, invece, posizioni in senso pacifista?
Guardi, io ho fatto l’obiettore di coscienza, che all’epoca significava passare venti mesi in autoconsegna. Ma se vedo qualcuno per la strada che dà un pugno a un altro, cerco di difenderlo, non faccio pagare a lui la mia scelta non violenta. Perciò, dico che è vergognoso mettere sullo stesso piano l’aggredita Ucraina e l’aggressore, cioè la Russia. E dico che Zelenski non aveva altra scelta, che era suo dovere rispondere all’operazione militare russa, e che è nostro dovere, di europei e di cristiani, sostenerlo. L’azione del cristiano non è tanto pacifista, ma pacificatrice, e, nella storia, c’è anche la possibilità che si sia costretti ad azioni militari. Mi rifaccio al Catechismo della Chiesa cattolica, dove sono affermate quattro condizioni perché una guerra sia “giusta”: grave danno causato dall’aggressore, inesistenza di alternative, uso proporzionato delle armi e ragionevole speranza di successo.
Molti contestano proprio il quarto punto, come potrebbe, o forse poteva, vincere l’Ucraina contro la Russia?
Veramente, la realtà è che la Russia ha perso questa guerra. Pensava di fare una passeggiata, di arrivare a Kiev e conquistarla in pochi giorni. Gli ucraini hanno ribaltato la situazione con i fondi di magazzino dei Paesi occidentali. Per di più, la Russia ora ha perso anche la neutralità di Finlandia e Svezia. Diciamo pure che se Usa e Paesi europei avessero fornito l’Ucraina dei missili e di altre armi più avanzate, le cose sarebbero andate ancora più diversamente. Su questo, forse anche giustamente, c’è stata prudenza, perché c’era il timore di scatenare un conflitto nucleare. Ma si tratta di una questione di carattere politico, e lo stesso vale per l’opportunità di mandare al fronte soldati europei. Dal punto di vista del Catechismo, si entra nella terza condizione, l’uso sproporzionato delle armi, il cosiddetto principio evangelico della “zizzania”, per il quale Gesù afferma che l’erba cattiva non va sradicata se rischia di togliere anche quella buona. Resta il fatto, però, che non si può accettare che in Europa i confini si mutino a causa di un’invasione militare.
Non si può, però, neppure pensare di sanare tutte le ingiustizie e le oppressioni con le guerre, non le pare?
Certo che no, proprio e soprattutto perché non abbiamo il “diritto di sopprimere la zizzania”. Sarebbe stato giusto difendere Hong Kong dalla Cina? Sì, lo sarebbe stato, ma non era possibile: la Cina è troppo grossa, e si sarebbe provocato un male peggiore a quello che si voleva sanare.
Seguendo questo ragionamento, che fare, ora, nell’ambito del piano di riarmo dell’Europa?
C’è una premessa da fare: la società libera europea deve chiedere scusa agli americani, per aver “scroccato” ottant’anni di sicurezza gratis, una cosa immorale, anche perché, protetti dallo scudo della Nato, siamo vissuti anche sul gas russo e sugli affari con i cinesi. Ora, dobbiamo porci, certamente l’obiettivo della difesa comune europea, che non si fa in breve tempo. Quello di questi giorni è un primo passo, Ursula von der Leyen, in questo momento poteva fare solo quello che ha fatto. Nell’immediato, ci stanno davanti le sfide di attrezzare l’Ucraina per una pace giusta, mettendo bene in chiaro che un cessate-il-fuoco non significa avere la pace. Poi, bisogna pressare gli Stati Uniti, perché, al di là di chi è Donald Trump, vanno fatti tutti i tentativi per mantenere un rapporto solido con gli Stati Uniti.
Ma la difesa comune come potrebbe, a suo avviso configurarsi? Sicuramente, significherebbe anche razionalizzare le spese...
Certamente, ma spendere insieme per un sistema di difesa si fa su basi solide. Personalmente, penso che per dare vita alla Difesa europea, sarà necessario dare vita a un altro Trattato, distinto dall’Unione europea, a una federazione funzionale, e questo, del resto, non sarebbe in contraddizione con la storia di integrazione del nostro Continente. Penso a un accordo dove ci sia, per esempio, il Regno Unito, ma non l’Ungheria di Orban.
Comunque la si veda, resta un problema enorme: parliamo di scelte politiche e militari senza precedenti per difendere l’Europa, ma viviamo in una fase in cui tutte le democrazie sono fragili, “scalabili” da chi la vede in modo diverso, e anche da chi è amico di Putin. Proprio l’esempio degli Usa ce lo dimostra.
Non lo nego. Già oggi, solo in Italia, emergono enormi contraddizioni negli schieramenti politici, sia a destra che a sinistra. Bisogna combattere, per affermare le ragioni della democrazia e della libertà.