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Il re senza trono

Luca Zaia (oltre 200 mila preferenze) trascina la Lega e il centrodestra. Ma ora che ne farà di questo consenso? Preoccupa il crollo dei votanti, scesi al 44,65%. Problema da affrontare in modo strutturale
27/11/2025

Le elezioni regionali del 23 e 24 novembre hanno due vincitori, su tutti. Il partito del non voto, e la Lega, trainata da Luca Zaia, da oggi “re senza trono”.

i dati del non voto sono impressionanti, in Veneto come nel resto delle Regioni dove si è votato. Ma, da noi, di più, perché alle elezioni di cinque anni fa la percentuale si era attestata sopra il 60 per cento. Alla fine, lunedì scorso, il dato è stato del 44, 65%, contro il 61,16% del 2020. La percentuale è ancora inferiore in provincia di Treviso, con il 43,79%. Una voragine vera e propria. Solitamente, i commenti sull’astensionismo risuonano nell’attesa dei primi dati sugli scrutini, per poi sparire di fronte alle baldanzose dichiarazioni dei leader delle forze politiche, soliti dichiararsi tutti vincitori. Invece, è evidente che, con una quota così elevata di non voto, sono tutti perdenti, e, come afferma a pagina 3 il politologo Paolo Feltrin, è urgente che il problema venga affrontato in modo serio e strutturale.

Se, poi, si guarda al risultato elettorale, è evidente la netta vittoria, peraltro annunciata, di Alberto Stefani e del centrodestra. Va detto che Stefani ha ottenuto un forte risultato anche personale, con oltre un milione e 200 mila consensi. Tanti, soprattutto in riferimento alla percentuale di votanti, quasi i due terzi dei consensi. C’è, naturalmente, curiosità, nel vedere all’opera il più giovane presidente di Regione di tutto il Paese.

La vittoria del centrodestra, però, è, soprattutto la vittoria della Lega, che ha ricacciato indietro gli ambiziosi Fratelli d’Italia, praticamente doppiandoli: 36,28% contro 18,69% su base regionale, per non parlare della Marca trevigiana, tradizionale feudo: 40,78%, contro 14,95%. Per Forza Italia, un risultato ancora più deludente, di poco superiore al 6 per cento, con soli tre consiglieri eletti e nessuno a Treviso. I sondaggi avevano, addirittura, e fino all’ultimo, ipotizzato un sorpasso da parte dei meloniani. Le cose, invece, nel segreto del seggio, sono andate diversamente. Merito di un radicamento territoriale ancora forte e, soprattutto, come è stato fatto notare in modo unanime, della presenza, come capolista in tutte le province, di Luca Zaia. Le sue oltre 200 mila preferenze rappresentano ben oltre il 10 per cento dei votanti (sono stati circa un milione e 880 mila). Un risultato impressionante, soprattutto nel trevigiano (oltre 48 mila preferenze), che confermano come Zaia continui a essere il politico più amato, e di riferimento, per i veneti, non solo di centrodestra.

Il problema, ora, è l’uso che Zaia farà di questo ulteriore consenso. Al momento, è, appunto, un “re senza trono”. Paradossalmente, a esultare è Matteo Salvini, che, a livello nazionale, esce perfino rafforzato, nonostante la sua scelta di puntare su Roberto Vannacci sia stata platealmente rispedita al mittente dai veneti, che non hanno, con le loro preferenze, premiato i candidati del generale (come la sindaca di Musile, Silvia Susanna). La Lega, però, resta un partito dilaniato. E l’attenzione sulle future mosse di Zaia è altissima. Ma quali saranno? Nessuno lo sa. Cercherà di prendere il posto di Salvini? Praticamente escluso. Si dedicherà a costruire una Lega “bavarese” del Nord, che, poi, dovrebbe federarsi al partito nazionale? Se ne parla da anni, il “partito bavarese” era vagheggiato ancora dai democristiani, ma, poi, non è mai nato. E poi: si è mai visto un gigante (la Lega del Nord) federarsi a un nano (la Lega nelle altre regioni)?

Tra i vincitori va annoverato anche Riccardo Szumski, che, con Resistere Veneto, ha dato voce a minoranze che sempre covano sotto la cenere (i venetisti, i no vax).

Il centrosinistra di Manildo è, naturalmente, sconfitto. Ma, tutto sommato, con onore. La coalizione acquista voti e consiglieri. In questo caso, la scommessa di Manildo sarà quella di essere capace di continuare a unificare le diverse anime dell’alleanza anche in Consiglio, dai banchi dell’opposizione.

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