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Elezioni comunali: le lezioni di un test parziale

La politica italiana, si sa, proprio non riesce a stare senza appuntamenti elettorali, e non è capace di evitare il rischio che a qualsiasi risultato venga data una valenza nazionale.
La tornata amministrativa di domenica 25 e 26 maggio (con l’appendice dei ballottaggi l’8 e 9 giugno) non fa eccezione.
Va detto che si trattava di un test molto parziale. A livello nazionale, erano coinvolti solamente quattro capoluoghi di provincia, e un solo capoluogo di regione, Genova.
A livello locale, erano chiamati alle urne, nel nostro territorio diocesano, soltanto i cittadini di Santa Maria di Sala.
Qui, Alessandro Arpi, sostenuto da Fratelli d’Italia, Lega, Coraggio Italia e parte della dirigenza di Forza Italia è stato eletto sindaco al primo turno con il 52,18% dei voti. Natascia Rocchi, sindaca uscente e sfiduciata nei mesi scorsi dalla sua maggioranza di centrodestra, si è fermata al 29,61%, mentre Massimo Iovine, del centrosinistra, ha ottenuto il 18,22%. Il Comune del Graticolato romano si conferma, così, feudo del centrodestra. Una curiosità: Rocchi è la terza sindaca della zona a essere stata spodestata dalla sua squadra, dopo i casi di Spinea e Scorzè. Se, fino a due anni fa, nei sette Comuni del Miranese c’erano ben cinque sindache, ora non ne è rimasta neppure una.
In provincia di Treviso, si votava anche a Borso del Grappa: Fiorella Ravagnolo è la nuova sindaca, la prima donna a ricoprire questa carica, con la lista civica “Borso con Fiorella”. Ha superato Lisa Celotto, candidata del centrodestra (Lega e Fratelli d’Italia), con circa 200 voti di scarto. Un esito che “conta”, per gli equilibri della zona del Grappa, dove la Lega è quasi completamente senza primi cittadini.
In ogni caso, è difficile trarre conclusioni importanti, rispetto a un voto amministrativo così limitato. In linea di massima, allargando lo sguardo al Veneto, si intuisce che l’egemonia del centrodestra appare evidente, pur con alcune eccezioni. Se, invece, il riferimento è il quadro nazionale, si può concludere che il centrosinistra si conferma più competitivo nelle città più grandi. Con la conquista di Genova, infatti, tutte le principali città italiane sono guidate da un sindaco progressista, con l’eccezione di quelle siciliane (Palermo, Catania, Messina) e di Venezia.
Certamente, l’attuale opposizione ha saputo unirsi più che in altre occasioni, e questa unità sarà rilevante per l’esito delle prossime elezioni regionali, che riguarderanno il Veneto, la Campania, la Puglia, la Toscana e le Marche. Naturalmente, questa unità, che pure è lontana dall’essere tale in vista delle prossime elezioni politiche, viene enfatizzata dai leader del centrosinistra.
Il cosiddetto “campo largo” sta cercando un proprio assetto anche in Veneto, dove parte largamente sfavorito. La candidatura a presidente dell’ex sindaco di Treviso, Giovanni Manildo, resta la più probabile. Nel centrodestra, nettamente favorito, è ancora in corso il braccio di ferro tra la Lega (in pole position Alberto Stefani o Elisa De Berti) e Fratelli d’Italia (con Raffaele Speranzon), per raccogliere l’eredità di Luca Zaia.