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Un “servire” che si converte all’accogliere

Questo brano va liberato da una interpretazione secolare, che voleva “salvare capra e cavoli”, identificando Marta con chi sceglie la “vita attiva” e Maria con chi sceglie la “vita contemplativa”, considerate entrambe necessarie al servizio del Regno di Dio. Tale interpretazione non è fedele al testo, che offre invece un messaggio ben più provocatorio e scomodo.
Un’ospitalità minacciata da uno scandalo. In questa breve narrazione Gesù viene ospitato in casa da una donna: cosa ben rara a quel tempo, specie in terra d’Israele, anche se il Vangelo secondo Luca più d’ogni altro valorizza la relazione di Gesù con le donne e il riconoscimento della loro dignità (vedi Lc 8,1-3, ma non solo). Marta (=signora/padrona) lo accoglie in casa. Sua sorella Maria (=amata) fa un gesto che suscita scandalo: si siede ai piedi di Gesù e ascolta la sua parola. Era infatti scandaloso che una donna assumesse un atteggiamento proprio del discepolo nei confronti del maestro. E Marta si preoccupa subito di rimettere le cose a posto, per salvare dallo scandalo la sua casa, ma anche lo stesso Gesù. Con la sua autorità di padrona di casa si rivolge con decisione all’ospite (“Non t’importa nulla che...”), chiedendogli di esercitare a sua volta la sua autorità di “Signore” e di rimettere al suo posto la sorella scriteriata: “Dille dunque che mi aiuti”. Perché quella è la “parte” di Maria: al servizio della padrona di casa, che a sua volta adempie alle sacre regole dell’ospitalità servendo colui che ha ospitato nella sua abitazione.
Un preoccuparsi che impedisce la relazione. Gesù invece si prende a cuore Marta, per il suo “affannarsi, preoccuparsi, agitarsi” su molte cose e richiama lei all’ordine più fondamentale, a quello che genera più profonda e autentica ospitalità. La invita a riconoscere che è una sola la cosa “necessaria”, l’unica “buona”. E’ quella riconosciuta da Maria con la sua scelta: diventare discepola, e lasciare che sia l’ospite a donare ciò che ha di più prezioso - la presenza di Dio nella sua Parola. L’unica cosa necessaria è accogliere il dono della relazione offerta da Gesù, e lasciarsi insegnare da lui come vivere di conseguenza. E non sarà Gesù a “togliere” a Maria quel che lei, con intuizione lucida e determinata, ha scelto a costo del giudizio scandalizzato della sorella padrona di casa.
Non è condanna di Marta, quindi, ma preoccupazione per il suo troppo preoccuparsi, che la distoglie dall’Unico, da lui, che desidera donare anche a lei, come a sua sorella Maria, la pienezza della vita. Quel “rimanere sola a servire” deve spingere a chiedersi se non abbia trascurato proprio ciò che era indispensabile: lasciarsi incontrare da Gesù/Dio-salva, accogliere l’incontro e la relazione che lui desidera offrirle. Credendo, invece, di poter decidere lei come fare del bene a lui, senza rendersi conto che è prima di tutto lui a desiderare di far del bene a lei, in modo infinitamente più efficace.
Un doloroso disperderci, una necessaria conversione. Lo riconosco dolorosamente in me, questo “disperdermi, affannarmi, preoccuparmi”, lasciarmi prendere da un’ansia da prestazione che, pur partendo da buone intenzioni - servire i bisogni degli altri - rischia troppe volte di farmi trascurare l’incontro, l’attenzione per la relazione che è il fine anche del concreto servire. E’ aver deciso già ciò di cui l’altro o l’altra hanno bisogno, a prescindere da un ascolto autentico delle loro vite. E’, in fondo, una superiorità da “padrone di casa” che, nel servire l’ospite, vuol essere all’altezza dei propri doveri, dimenticando che quei doveri dovrebbero piuttosto, prima di tutto, farmi “chinare” per lavare i piedi altrui. Allora, non preoccupiamoci troppo di “salvare Marta” in noi stessi e di fronte a Gesù: è Gesù stesso che la vuole salvare da ciò che alla fine le rovina la vita, la preoccupazione per i “troppi servizi” e la solitudine che ne deriva. Chiediamoci se quel “rimanere soli a servire”, anche dentro le nostre comunità, non venga anche dal “decidere da soli” come servire. E lasciamoci piuttosto convertire dalla scelta di Maria: impareremo a ritrovare la sorgente stessa del servizio più autentico, che è il lasciarci noi, per primi, servire da Gesù, ospitare da lui, chiamare da lui a seguirlo, giorno per giorno, negli incontri e nelle relazioni della nostra vita. Allora sì, impareremo a servire davvero gli altri e le altre, a partire dalla “parte buona”, da un amore infinitamente più grande del nostro, che continuamente e tenacemente mette il nostro amore in grado di incontrare gli altri e di comprendere più in profondità come ospitarli nella nostra vita, attenti ad accogliere tutto ciò che Dio stesso vuole donarci con la loro presenza.