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XXIV Domenica del Tempo ordinario: Conoscere Gesù lungo la via

Che cosa rispondiamo noi alla domanda rivolta ai discepoli?

Il ritorno di Gesù dai territori “pagani” è un ritorno difficile. I farisei continuano a provocarlo, e anche i suoi discepoli continuano a «non comprendere» (Mc 8,11-21).

In via. Con loro sceglie di “mettersi per via”. E’ la prima volta che questa espressione viene applicata a Gesù e ai discepoli insieme. Ritornerà ancora d’ora in poi, è una scelta di Gesù: si “comprenderà” chi egli sia davvero solo passo passo, continuando a seguirlo, imparando da ciò che accade e da ciò che lui sceglie di fare. E la via porterà fino alla croce e oltre, fino allo scandalo del «crocifisso risorto» (Mc 16,6). E’ snodo decisivo in Marco, inizia qui la sezione (Mc 8,31-52) in cui Gesù pone attenzione soprattutto ai discepoli, a quelli che, con tutte le loro perplessità, incomprensioni, paure (Mc 10,32-34), pur tuttavia continueranno a seguirlo. Ormai si è conclusa l’esperienza galilaica (Mc 9,30), e la via condurrà a Gerusalemme, verso il compimento “scandaloso” della missione di Gesù.

Una domanda decisiva, una risposta ambigua. Una via che parte da una domanda, la quale riassume gli anni in Galilea: «La gente, chi dice che io sia?». Ovvero: “Secondo voi, che cosa hanno capito di me finora?”. La risposta dei discepoli è una sintesi di quel che già è stato affermato (Mc 6,14-16), risposte insufficienti a cogliere la sua identità. Alla domanda rivolta direttamente a loro, Pietro risponde con un titolo che per la prima volta è posto sulla bocca dei discepoli: «Tu sei il Cristo». Tu sei colui che attendevamo, il consacrato di Dio. Fino ad allora lo avevano chiamato «maestro», niente di più. «Cristo» è uno dei titoli che apre il Vangelo (Mc 1,1) e che accompagnerà Gesù fino ad oggi: è titolo decisivo, ma ancora ambiguo nei suoi contenuti. Ciò che segue alla dichiarazione di Pietro lo mette subito in chiaro: dapprima Gesù intima ai suoi di non divulgarlo; poi inizia ad annunciare loro in modo deciso cosa accadrà: rifiuto e morte, non certo il trionfo che si associava al Messia nelle attese ebraiche.

Un rifiuto reciproco. A quel punto la reazione di Pietro è emblematica: vuol far tacere Gesù. E Gesù reagisce pubblicamente con un “titolo” durissimo: «Satana», ovvero colui che si oppone al piano di Dio, al suo Regno e al cammino che lo realizzerà. E tuttavia non lo scaccia, non lo ripudia, gli intima « Va’ dietro a me»: torna al tuo posto, torna discepolo, riprendi a seguirmi perfino su questa via.

Solamente sotto la croce si udrà l’altro titolo presente all’inizio del Vangelo: «Figlio di Dio», sulla bocca di un pagano (Mc 15,19). Solamente oltre la croce si udrà l’incredibile annuncio: «Gesù, il nazareno, il crocifisso, è risorto!» (Mc 16,6). Per ora, siamo di fronte a questa affermazione su cui Gesù non accetta obiezioni: lui, il Messia, «deve» passare per rifiuto e morte (Mc 8,31). Perché è conseguenza coerente alla scelta di rimanere fedele fino in fondo all’annuncio di misericordia e di prossimità che realizza il Regno di Dio da lui compiuto in gesti e parole, incontrando tutti e soprattutto i più disgraziati, oltre ogni tentativo di limitare la misericordia del Padre ad alcuni privilegiati.

E’ solo così che egli sarà il «Cristo», e chi lo contesta in questo, sia pure il primo dei chiamati, riceve il rifiuto destinato all’Avversario.

Ma voi... «Ma voi, chi dite che io sia?»: in un contesto nel quale l’interesse per la figura di Gesù, quando si manifesta, lo riduce se va bene a “maestro di vita”, che cosa rispondiamo? Che cosa rispondiamo con il nostro vivere, non solo con un’affermazione imparata a catechismo, che cosa rispondiamo a partire dalla nostra esperienza di relazione con lui... E’ davvero colui che voglio seguire fin dentro vie in cui tutto il senso della vita è messo in discussione? Là dove la sofferenza è senza speranza, dove la violenza che si insinua perfino in famiglia e nella Chiesa ferisce a morte ogni fiducia, dove la guerra impazza senza esclusione di colpi, dove l’ingiustizia radicale continua ad affamare a morte popoli interi... Che cosa vuol dire per me, per noi comunità cristiana, seguirlo perfino in quelle «valli oscure» e tragiche, capaci di distruggere ogni speranza, ogni fede, ogni amore? Se fosse per me solo, se fosse per noi soli, credo non ne saremmo in grado.

L’esperienza dei piccoli. E tuttavia... Lasciamoci chiamare ancora a ritornare al nostro posto dietro a lui. Gesù, Dio-salva, ben conosce le nostre fragilità e debolezze, ma ci desidera con lui. Scegliere di seguirlo diventa possibile insieme e non da soli, insieme soprattutto allo Spirito Santo, lo Spirito del Crocifisso Risorto. La sua azione la riconosciamo fin nell’esperienza di piccole comunità che in situazioni davvero tragiche riescono ancora a vivere la fede in Gesù il Cristo, Figlio di Dio Crocifisso e Risorto. Queste testimonianze di Pasqua aprono anche a noi possibilità di accogliere ancora una volta la forza del suo Spirito. Ritrovando nelle pieghe della nostra esperienza personale, ecclesiale, civile, semi tenaci di bene che continuano a morire per piantar radici e portare frutto.

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