giovedì, 08 maggio 2025
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Vita quotidiana di guerra a Gaza, dove i civili sono allo stremo

Intervista al montebellunese Davide Tocchetto

Sirene a Tel Aviv, esplosioni a Gerusalemme, razzi dal Libano. Assedio di Gaza, spostamento di oltre un milione di persone dal nord al sud della Striscia, scarsità di medicinali e di cibo. Con queste “istantanee” potremmo riavvolgere la storia di due Paesi e due popoli in guerra dal 1947, quando gli inglesi lasciarono la Palestina.

Istantanee che ci danno un’altra prospettiva della guerra in corso, al di là delle strategie militari, dei deboli fili della diplomazia, della conta dei morti e dei feriti.

Per l’Onu, l’80% dei residenti della Striscia, situata a nordest della penisola del Sinai, vive in una situazione di deprivazione umana, sociale, di povertà, che fa di questo pezzo di terra una prigione a cielo aperto.

Per capire come si vive a Gaza, abbiamo intervistato Davide Tocchetto, cinquantenne ricercatore montebellunese nonché docente all’istituto agrario D. Sartor di Castelfranco, che ha potuto visitare anche questo lembo di terra tra i diversi viaggi in Medio Oriente. La conversazione diviene ben presto un racconto di un vissuto in presa diretta, dove riaffiorano volti, storie, angoli e scorci di vita quotidiana, che Tocchetto ha descritto anche nel suo libro “A cinque ore da casa: la quotidianità a Gaza, Ur e Mesopotamia attraverso gli occhi di un mercenario agronomico”.

Tanta (troppa) gente in poco spazio

“Vivere a Gaza è sempre stato difficile anche prima dei bombardamenti massicci di queste ultime due settimane”, ci racconta Davide. La Striscia di Gaza ha una superficie di poco più di 360 kmq e una popolazione di oltre 2,3 milioni di abitanti concentrata nelle sue quattro principali città (Gaza city, Deir al-Balah, Jabalia e Khan Yunis) e nei campi profughi. Una striscia di terra lunga una quarantina di chilometri e larga mediamente sette. I suoi confini terrestri sono costituiti da alte mura di cemento e reti metalliche, mentre quello marittimo è da anni presidiato dalla marina israeliana con un blocco navale.

“L’assedio totale esterno della Striscia imposto dal Governo israeliano, in vista di un auspicato ingresso dell’esercito da terra, ha peggiorato le condizioni di vita della gente, tagliando completamente le forniture d’acqua, energia elettrica, cibo e carburante che normalmente da Israele raggiungono i territori della Striscia, controllata dal gruppo radicale palestinese Hamas dal 2007”, continua Tocchetto.

La Striscia di Gaza, unitamente alla Cisgiordania o West Bank, fa parte dello Stato palestinese riconosciuto come tale internazionalmente, ma non da Israele. E per questo Davide ci tiene a precisare che non è corretta l’equazione giornalistica Hamas uguale Palestina.

Vita reclusa

Chiediamo a Davide di raccontarci come si entra a Gaza e come vive la gente. “A Gaza si entra così. Arrivi di primo mattino a Erez, il check-point israeliano al confine settentrionale della Striscia, e mostri le credenziali ai soldati o alle soldatesse di turno, nei gabbiotti blindati ad aria condizionata. Vieni interrogato su dove vai e perquisito con il metal-detector e body-scan. Passi rinchiuso un lungo tunnel di rete e filo spinato di quasi un chilometro. Nel frattempo, alzando lo sguardo nella direzione opposta, vedi centinaia di palestinesi in fila per fare il percorso inverso, uscire da Gaza e andare a lavorare in Israele. Ovviamente, non tutti i giorni riescono a ottenere il permesso di uscire. Ma questo avveniva prima del 7 ottobre!”.

I palestinesi vivono di commercio e dipendono dagli aiuti internazionali. “Si trova quasi tutto e ti chiedi come sia possibile. Le strade brulicano di carretti trainati da asini, accanto ad auto occidentali di seconda mano. I bambini e i ragazzi vanno a scuola garantita dalle Nazioni Unite. Manca la fascia dei maschi adulti dalle strade, mentre le donne ci sono, ma per motivi religiosi non si fanno vedere. I maschi, quelli che non sono stati uccisi, lavorano nel commercio e nei servizi umanitari: una minoranza fa parte di Hamas. C’è chi fa anche il pescatore o l’agricoltore tra mille restrizioni e rischi di essere preso di mira dai mortai. E ci sono i pendolari che si guadagnavano da vivere nello Stato ebraico, come carpentieri, agricoltori, meccanici e ogni sorta di mestiere, per rientrare nella Striscia alla sera”.

Dal 2007, quando Hamas prese il controllo della Striscia, cacciando con la forza il partito palestinese al-Fatah, Israele ed Egitto imposero un rigido embargo su tutto il territorio: da quel momento, le forniture di tutti i beni non prodotti internamente a Gaza - tra cui il carburante, l’acqua potabile, l’energia elettrica e le medicine - dipendono da Egitto e Israele. Embargo che ovviamente viene aggirato pensando alle centinaia di missili che sono partiti da Gaza verso la Cisgiordania.

In questi giorni gli aiuti sono entrati dal valico terrestre di Rafah, all’estremo sud, al confine con l’Egitto poco più di una dozzina di camion di aiuti umanitari, mentre sotto ci sono centinaia di chilometri di tunnel in cemento armato.

Il cielo a Gaza

Il cielo, per i bambini che vivono nella Striscia, è spesso un groviglio di cavi e un ronzio di droni. Conoscono bene il rumore dei droni che ronzano continuano per la città, come occhi indiscreti israeliani. Qui è molto più facile per un bambino vedere un kalashnikov che un film. Ogni anno viene organizzato sulle spiagge di Gaza il festival degli aquiloni dove migliaia di bambini fanno volare aquiloni colorati che riempiono il cielo.

Il cielo riserva anche altro. All’ingresso al valico israeliano un pallone aerostatico sopra la testa immortala la quotidianità di tutti i palestinesi. Non c’è il diritto alla privacy, ma è cosa di poco vivendo la gente come in una prigione a cielo aperto. Chi vi abita non ha la benché minima libertà di movimento, e, se non bastasse, i giovani non hanno mai conosciuto il silenzio delle armi. Spesso il cielo di Gaza di notte è illuminato, non da lanterne, ma dalle scie dei razzi. E se dal cielo si viene spiati, ci racconta Davide, sotto terra c’è una vita nascosta che corre in parallelo, dentro i tunnel.

Bussole

“Al momento siamo in una situazione complicata – conclude Tocchetto – e di non facile soluzione. E’ difficile pensare che Israele attacchi Gaza via terra, azione che non fece nemmeno nel 2021”.

Nonostante la situazione drammatica, lasciare Gaza è molto difficile se non impossibile. I bombardamenti di Israele sulla Striscia stanno distruggendo moltissimi edifici e infrastrutture, ma i civili palestinesi non sanno dove rifugiarsi: ovviamente non possono andare in Israele, ma nemmeno in Egitto, dato che il confine sud è stato chiuso.

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