Il Governo Netanyahu
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Il prossimo Meeting diocesano di Pastorale giovanile vuole mettere al centro una domanda cruciale per i nostri giovani: “Se ti dico futuro?”.
Questo interrogativo, posto loro virtualmente, riesce a intercettare non solo la loro esigenza di pianificare le proprie scelte professionali e di vita, ma di esplorare, altresì, una dimensione più profonda. Perché, alla fine, parlare di futuro, significa parlare di felicità. È un modo per chiedersi: “Cosa devo fare nel prossimo tempo per essere felice?”. La questione di senso anticipa ed è originaria rispetto al semplice fare e impegnarsi in qualcosa. C’è qualcosa di più importante del “fare” ed è “Perché faccio quello che faccio?”.
“È difficile dire come mi vedo tra dieci anni” - afferma Paola, 25 anni -. Andrò in una direzione o in un’altra? Spero di ricevere dei segnali forti che mi aiutino a intuire la mia strada per essere felice. Ora che ho concluso l’università, mi sembra di essere tornata al punto di partenza e di dover ancora decidermi”.
Per le generazioni più giovani, in particolare la Generazione Z (nati tra il 1997 e il 2012), rispondere a questa domanda risulta sempre più complesso. Il mondo in cui crescono cambia a una velocità senza precedenti: è più interconnesso, instabile e imprevedibile. Costruirsi una famiglia o comprare una casa è diventato più difficile rispetto al passato. Allo stesso tempo, però, le possibilità di fare esperienze, studiare, viaggiare e conoscersi meglio si sono ampliate notevolmente. La narrazione dominante, spesso veicolata dai media e dai social, propone l’idea che ognuno possa diventare qualsiasi cosa in qualsiasi momento. Questa incertezza diffusa, se per alcuni rappresenta un’occasione di libertà e apertura, per molti altri è invece fonte di ansia e preoccupazione per il futuro.
Papa Leone XIV, durante il Giubileo dei giovani vissuto quest’estate a Roma, li ha esortati ad aspirare ai “carismi più grandi” (1Cor 12,31) per la loro vita e per la vita dei fratelli e delle sorelle accanto a loro. Li ha invitati a percorrere l’«avventura della santità» per essere segni di speranza: “sale della terra” e “luce del mondo” (Mt 5, 13-16). La Chiesa guarda ai giovani come necessari agenti di cambiamento per la società. Ma, per poter vivere tutto ciò, è fondamentale non perdere la capacità di sognare in grande, la capacità di saper rischiare le proprie idee e di rischiare se stessi per un’idea o per qualcuno. Occorre anche dire che l’ottimismo di tanti giovani non è ingenuo, anzi, spesso si traduce in una forma di speranza che viene talvolta interpretata attraverso un impegno attivo nella società.
Lasciamoci interpellare su questo tema attraverso le provocazioni di Katia Provantini, psicologa e psicoterapeuta dell’istituto di Milano “Il Minotauro”, che scatterà una “foto” sulla percezione che i giovani hanno del futuro (tra paure e speranze, luci e ombre) e ci aiuterà ad acquisire una “postura” significativa per le sfide di domani, personali e comunitarie.
L’incontro sarà il 15 novembre dalle ore 15, all’auditorium del collegio Pio X di Treviso.
Info e iscrizioni su www.pastoralegiovanile.it - giovani@diocesitreviso.it.