venerdì, 08 novembre 2024
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Migrazioni e missioni: in ascolto per aprire porte

La bella realtà delle comunità cattoliche straniere

Domenica scorsa la Chiesa universale ha celebrato la 110ª Giornata mondiale dei migranti e dei rifugiati. Questo anniversario ci ricorda che - come ha scritto papa Francesco nella lettera di presentazione della giornata - tutta la Chiesa è pellegrina, anzi che è migrante perché siamo tutti in cammino verso il Regno dei cieli. Il mondo, la terra, la vita, ci sono stati dati in dono da Dio, li abbiamo ricevuti da Lui, e siamo chiamati allora a gestirli e a curarli da fratelli e sorelle, non da padroni. Quello che ci aspetta è un percorso di continua conversione, che riguarda ogni battezzato e tutta la comunità dei credenti, soprattutto in questo tempo, in una storia spesso segnata da violenze, guerre e da linguaggi di esclusione, di razzismo e di diffidenza. In questo contesto mi sembra importante ricordare che anche la Chiesa di Treviso non resta alla finestra a guardare. Uno degli aspetti – non l’unico – importante della cura del migrante è quello che la Chiesa da anni offre nell’accoglienza e nell’accompagnamento delle comunità cattoliche di lingua straniera presenti sul nostro territorio. Personalmente, se l’esperienza di missionario “fidei donum” è stata ed è un grande dono, lo è ora anche il fatto di scoprire che c’è l’altra faccia della medaglia e cioè dei cristiani che provengono dall’America Latina, dall’Africa, dall’Asia, dall’Europa dell’est, e che abitano, lavorano, hanno famiglia e celebrano la stessa fede cattolica qui a Treviso. Questa scoperta fa nascere alcune domande. Le nostre comunità cristiane, che hanno espresso ed esprimono un grande slancio missionario, sono capaci di accoglienza e di ricezione del dono della fede da chi viene da un’altra parte del mondo? Siamo capaci di metterci in ascolto della vita di queste persone che hanno lasciato o continuano a lasciare i loro Paesi per trovare un futuro migliore in Italia? Una delle parole forti del mondo missionario italiano di questi ultimi anni è stata “aprire il libro della missione”, invitando i cattolici italiani e le nostre comunità a mettersi in ascolto dei missionari e delle realtà missionarie “ad gentes”. Oggi noi possiamo aprire questo libro mettendoci anche in ascolto dei cattolici che vengono a lavorare nel nostro Paese. Aprire questo dialogo, aprire questa porta, potrebbe aiutarci ad aprirne anche altre, verso il dialogo ecumenico e interreligioso e verso l’impegno sociale e civile, per il riconoscimento dei diritti e dei doveri. Alcune di queste comunità sono seguite da preti provenienti dai loro stessi Paesi d’origine. Attualmente la diocesi di Treviso ne ospita quasi una decina: don Jean-Baptiste (per i cattolici africani francofoni), don Michael (per i cattolici ghanesi), don Udoka (per i cattolici nigeriani), don Lucien (per i cattolici rumeni di rito bizantino), don Oleg (per i cattolici ucraini di rito bizantino), don Carlito (per i cattolici filippini), don John (per i cattolici indiani di rito siro-malabarese e siro-malankarese). Don Luigi dal Bello, parroco di Monastier e già “fidei donum” in Cile e in Paraguay, segue i cattolici di lingua spagnola provenienti dall’America Latina. Vanno ricordati anche alcuni preti cattolici che risiedono in diocesi vicine: don Thusitha (dalla diocesi di Venezia, per i cattolici dello Sry-Lanka), don Giuseppe Feng Bo (dalla diocesi di Padova, per i cattolici cinesi) e don Nicivaldo (dalla diocesi di Vittorio Veneto, per i cattolici brasiliani). Desidero, infine, ringraziare alcuni di questi fratelli sacerdoti che, dopo un tempo prolungato di servizio qui da noi, ritornano nei loro rispettivi Paesi: don Michael che rientra in Ghana dopo 10 anni di apostolato e don Thusitha, che rientra nello Sri Lanka dopo 4 anni. Come sostituto di don Michael è già arrivato don Gabriel, mentre a Venezia è arrivato anche il sostituto di don Thusitha e cioè don Amila Ravinde. Un grazie riconoscente a chi parte e un benvenuto a chi è arrivato.

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