Sentiamo anche il dovere di segnalare la difficile e a volte critica situazione in cui versa oggi nel...
Meic: proposta formativa in 2 serate
La Speranza è virtù necessaria per promuovere Amicizia sociale, legami e relazioni che sono la vera sostanza della società civile e politica. Nell’anno giubilare che papa Francesco ha dedicato alla Speranza, il Meic mette l’attenzione sull’esigenza di riscoprirne la dimensione politica. La speranza, infatti, viene spesso pensata al singolare, cioè come virtù che ogni persona è chiamata a vivere nel suo cammino esistenziale e di fede. Ma sperare è un verbo che deve essere coniugato anche al plurale: in cosa speriamo noi oggi? Non vogliamo chiederci soltanto in cosa ciascuno di noi spera, ma piuttosto ci chiediamo: Noi come comunità sociale, civile, noi che desideriamo vivere legami buoni, noi che desideriamo riscoprire il valore dell’amicizia sociale, in cosa speriamo insieme? È possibile agire per promuovere relazioni sociali, “amicizia sociale” senza praticare la virtù della speranza? E cosa significa vivere la Speranza nelle relazioni sociali e politiche?
Sperare significa credere che sia possibile vivere insieme, che sia possibile recuperare, per dirla con le parole di papa Francesco, “quello che ci aiuta a vivere insieme, quello che ci dà forza, quegli elementi che possono offrirci piste per far crescere e consolidare una cultura dell’incontro e un orizzonte utopico condiviso”. Sì, di questo si tratta: recuperare un orizzonte utopico condiviso, il “sogno” condiviso di una città come luogo buono, bello, in cui è bello vivere insieme.
Oggi facciamo fatica a guardare al futuro con fiducia, con speranza. Il nostro sguardo sul futuro è radicalmente mutato, ai nostri giorni, rispetto anche solo a pochi decenni fa. Scriveva Paul Valery: “Neppure il futuro è più quello di una volta”.
È proprio così, l’orizzonte che ci sta davanti non è più quello di una volta. Mauro Magatti, ospite alla Settimana sociale, e Paolo Foglizzo si chiedevano, in un recente articolo, “Perché nelle democrazie avanzate manca del tutto un’idea di futuro che non sia solo innovazione tecnica”? E osservavano: “La sola innovazione tecnologica, alla fine sequestra l’idea stessa di speranza”.
La crisi di fronte al futuro non investe soltanto la dimensione personale delle nostre esistenze, ma mette a repentaglio anche le comunità, le società politiche, la stessa democrazia, le istituzioni internazionali, queste ultime mai come in questo tempo minate dalla sfiducia, il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha parlato recentemente di “collasso di fiducia”.
La crisi di fiducia nel futuro investe tutte le generazioni e certamente gli adulti di oggi la trasmettono con tanta generosità ai giovani e perciò proprio a loro papa Francesco ha rivolto l’appello: “Non fatevi rubare la speranza!”. Una delle due serate sarà interamente dedicata all’ascolto dei giovani, che ci racconteranno il loro sguardo verso il futuro, le loro domande, i loro sogni, e perché no, la loro denuncia nei confronti di chi ruba loro la speranza.
Scriveva Giuseppe Goisis: “La speranza autentica non è una vendita di illusioni, una specie di ripostiglio dei desideri inappagati, o delle utopie insoddisfatte; nel senso più vero, la speranza è parente del realismo, e può costituirsi come virtù, anzi come una virtù politica, richiamando l’impegno comune a costruire la giustizia già su questa terra”.
E di giustizia c’è bisogno su questa terra! Scriveva Herbert Marcuse: “È solo a favore dei disperati che è data la speranza”, e Ernst Bloch sosteneva che proprio la speranza può mobilitare le migliori risorse intellettuali e le energie morali per realizzare un futuro degno dell’essere umano. La speranza apre all’azione, e non ha nulla a che vedere con la passività e l’inerzia. Senza speranza nessuna libertà è possibile, e nessun cambiamento.
La speranza virtù politica, perché solo insieme possiamo generare nuovi orizzonti: “Spero dunque siamo”, scriveva Goisis, perché anche solo provando a sporgerci un poco in avanti, aprendo il nostro cuore alla fiducia, ciascuno di noi incontra subito l’altra, l’altro e comprende che solo nel “noi” può trovare pienezza la propria vita e solo con il “noi” possiamo costruire il domani, come in ogni tempo carico di preoccupazioni e di problemi certamente, ma non di angoscia che annienta.
La radice sanscrita di speranza “spe”, significa tendere verso una meta, sbilanciarsi, protendersi al di là del presente, buttarsi in avanti, come il bambino che si butta in avanti e così fa il primo passo e impara a camminare, ma si butta in avanti perché percepisce attorno fiducia, uno sguardo di amorevole incoraggiamento. Sperare è, dunque, un movimento antropologico, cioè proprio di ogni essere umano, “una passione umanissima e, come tale, perennemente capace di riproporsi, nel fuoco stesso dell’esistenza umana”. E riscoprendo questa dimensione umanissima della speranza può trovare accoglienza nel cuore umano l’annuncio della speranza cristiana, annunciata, testimoniata e vissuta dai credenti nel Signore Gesù, àncora di speranza.



