lunedì, 21 ottobre 2024
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Scenari di guerra nel 2024: non solo Ucraina e Medio Oriente

Ecco le dieci principali crisi che il mondo non potrà ignorare, da Taiwan al Venezuela, oltre ai tanti conflitti in Africa

Le elezioni di gennaio a Taiwan rischiano di alimentare le tensioni tra Cina e Stati Uniti, mentre in America Latina il referendum venezuelano per l’annessione della Guyana Esequiba - un territorio di 160 mila chilometri quadrati, che rappresenta più di due terzi della Guyana e dove vivono circa 13 mila persone - ha già innescato la risposta del Brasile. In Africa, guerre e povertà flagellano soprattutto i tre Paesi della “cintura golpista saheliana”, Mali, Niger e Burkina Faso.

Nell’anno che si è concluso, l’attenzione internazionale si è concentrata principalmente sui conflitti tra Russia-Ucraina e tra Israele-Hamas. Nel frattempo, tuttavia, a diverse latitudini si sono affacciate altre crisi che, secondo diverse fonti, sono destinate a peggiorare nel 2024. Per fare una fotografia sulle dieci principali crisi che il mondo non potrà ignorare nell’anno nuovo, abbiamo preso in considerazione le valutazioni della ong americana International Rescue Committee, fondata dal noto fisico tedesco naturalizzato statunitense, Albert Einstein.

Russia-Ucraina. L’amministrazione Biden ha finora mantenuto la linea del sostegno occidentale a Kiev. Ma la campagna elettorale negli Stati Uniti, in vista delle presidenziali del 5 novembre, e in Unione Europea, verso il voto di inizio giugno, rischiano di frenare i finanziamenti. Sullo sfondo resta lo spettro della spartizione del Paese e la probabile vittoria di Vladimir Putin, in corsa per il terzo mandato alle presidenziali di marzo. Per l’Europa è sicuramente la crisi più vicina, non solo da un punto di vista geografico.

Medio Oriente. Secondo l’annuale valutazione delle situazioni più a rischio, l’International Rescue Committee ha classificato il conflitto in Israele e nei territori palestinesi occupati come la seconda crisi più evidente da tenere d’occhio nel 2024. Senza un cessate il fuoco a Gaza, la guerra potrebbe coinvolgere più direttamente fazioni anti-israeliane attive in Libano e in Siria e aumentare il flusso di rifugiati palestinesi verso l’Egitto. Dallo scoppio del conflitto, sono circa 20 mila i palestinesi uccisi: per questo Gaza è stato nel 2023 il luogo più mortale per i civili al mondo.

Gli attacchi aerei e i combattimenti all’interno di Gaza hanno avuto un impatto diretto e devastante sui civili che continuerà a crescere man mano che le ostilità persisteranno.

La distruzione delle infrastrutture sanitarie, idriche e igienico-sanitarie ha lasciato il sistema sanitario di Gaza sull’orlo del collasso.

Sempre in Medio Oriente, conflitti perdureranno anche in Siria e in Yemen, con conseguenze drammatiche per i civili. La tensione cresce anche nel Mar Rosso, dove navi militari occidentali sono dispiegate a difesa delle rotte commerciali.

Sudan. In cima alla lista delle crisi che più preoccupano, troviamo il Paese africano, terzo per dimensioni e diviso in decine di tribù, incastonato nella parte orientale del Sahara tra Egitto, Ciad, Sud Sudan e Etiopia. La guerra in corso tra le forze armate sudanesi e le forze di supporto rapido ha spinto il Sudan sull’orlo del collasso. Meno di un anno di combattimenti ha già più che raddoppiato il numero di persone bisognose di sostegno umanitario. Le epidemie di morbillo e colera potrebbero continuare ad affliggere il Sudan poiché il suo sistema sanitario paralizzato rimane incapace di rispondere alla crescente crisi sanitaria del Paese.

In Darfur, gruppi per i diritti umani hanno denunciato uccisioni di massa e sfollamenti forzati lungo linee etniche. Persistono livelli estremi di sfollamenti interni ed esterni, che determinano impatti in tutta la regione. Già 6,6 milioni di persone sono state sfollate all’interno e all’esterno del Sudan a causa del conflitto. Si prevede che la crisi peggiorerà drasticamente nel corso del 2024, lasciando milioni di persone con cibo insufficiente e nell’impossibilità di accedere a servizi sanitari essenziali e ad altri servizi e spingendo parte di loro a cercare di raggiungere l’Europa lungo la rotta libica.

Sud Sudan. Quindi, troviamo il Sud Sudan che è uno tra i Paesi più poveri al mondo e che ha dovuto affrontare l’insicurezza sin dalla sua indipendenza da Khartoum nel 2011. Nel 2024, la guerra oltre confine in Sudan minaccia di indebolire la fragile economia del Sud Sudan e di peggiorare le tensioni politiche, anche per effetto delle prime elezioni presidenziali, previste per il prossimo dicembre. Nel frattempo, la crisi economica e l’aumento delle inondazioni hanno influito negativamente sulla capacità delle famiglie di potersi cibare.

Attualmente, 9 milioni di persone in Sud Sudan necessitano di assistenza umanitaria: ciò equivale al 72% della popolazione.

Burkina Faso, Mali, Niger. Guerre e povertà minacciano la stabilità di altri Paesi africani. Secondo una ricerca del Centro africano per gli studi strategici, in 149 milioni vivono una crisi alimentare, dato in crescita rispetto al 2019. Fronti caldi si registrano nei Paesi “golpisti”del cosiddetto “triangolo della jihad”: Burkina Faso, Mali e Niger, tutte guidate da giunte militari. Una regione di 70 milioni di persone. Ma focolai di crisi ci sono anche in Etiopia, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Nigeria e Camerun

Il Burkina Faso si trova ad affrontare una violenza in rapida crescita e diffusione, mentre l’esercito burkinabe lotta per contenere i gruppi armati. Circa la metà del Paese è ora fuori dal controllo del Governo, con gruppi armati tra cui lo Stato sslamico nel Grande Sahara (Isgs) e Jama’at Nusrat al-Islam wal-Muslimin (Jnim) che bloccano città e paesi, e impediscono ai residenti di accedere a beni di prima necessità e servizi.

In Mali la crisi economica e di sicurezza ha lasciato un terzo della popolazione bisognosa di sostegno umanitario. Il recente ritiro delle forze di pace delle Nazioni Unite ha sollevato preoccupazioni sulla sicurezza, in particolare per la ripresa dei combattimenti tra il governo e i gruppi armati tuareg nel nord del Mali. I gruppi armati stanno già assediando, come in Burkina Faso, le città e bloccando l’accesso umanitario mentre metà del Paese vive in povertà.

Il colpo di Stato del Niger del luglio 2023 ha innescato tensioni politiche con i Paesi vicini e ha portato al ritiro dell’assistenza alla sicurezza internazionale.

In tutti questi Paesi l’insicurezza alimentare è destinata ad aumentare man mano che sempre più città vengono assediate o bloccate.

Asia. Continua a preoccupare l’estensione del conflitto in Myanmar (Birmania), da quando i militari hanno ripreso il potere politico nel 2021. Nell’ottobre 2023, tre grandi gruppi armati hanno ripreso gli scontri con il governo, mettendo sotto pressione le forze militari statali e causando un aumento dei danni tra i civili. Il conflitto nel Paese si sta dirigendo verso una nuova fase caratterizzata da un regime indebolito, ma ancora pericoloso e da una violenza più intensa.

Sempre in Asia, le elezioni a Taiwan in programma a gennaio potrebbero dare nuova linfa alle rivendicazioni della Cina in un momento in cui Washington e Pechino stanno cercando di stabilizzare i loro rapporti, dopo il bilaterale Biden-Xi a San Francisco. L’attenzione rimane alta anche in Afghanistan, dove il regime talebano, tornato al potere nell’agosto 2021, sta strozzando sempre di più i diritti delle donne, il Paese sta sprofondando nella povertà.

America Latina. All’instabilità di Haiti, ostaggio di bande criminali, nelle ultime settimane si è affacciata un’ulteriore crisi: un recente referendum in Venezuela ha dato il via libera all’annessione della Guyana Esequiba, dove si trovano enormi giacimenti di petrolio. Il Brasile ha risposto aumentando le forze al confine con il piccolo Paese al centro da 200 anni di una disputa territoriale con Caracas.

Meno gravi, ma comunque da tenere sotto controllo, nei prossimi mesi sono gli sviluppi politico-economici in alcuni Paesi: dalla Colombia, Ecuador e Messico alle prese con i cartelli della droga, all’emergenza migranti verso gli Stati Uniti. (Enrico Vendrame)

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