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Generazione a metà: né stranieri né italiani

Intervento delle cooperative sociali che promuovono progetti di integrazione per ragazzi e adulti
29/03/2025

Laddove le istituzioni faticano ad arrivare – almeno direttamente – è fondamentale il ruolo di enti intermedi come associazioni, parrocchie, comitati e cooperative, ovvero di quello spazio di confronto meno formale e solitamente percepito come meno giudicante in cui è più facile trovare un sostegno e sviluppare un senso di comunità. Sul territorio, educatori ed educatrici sono vere e proprie sentinelle che hanno imparato a riconoscere alcuni aspetti chiave su cui lavorare come società.

La Esse: Offrire opportunità

Per Alberto Baccichetto, presidente della cooperativa sociale La Esse, ai giovani di oggi mancherebbe lo spazio d’espressione della propria soggettività, “E vale tanto per i figli degli stranieri quanto per i figli degli italiani - precisa -. La famiglia di provenienza certamente conta, ma fino a un certo punto: mancano percorsi scolastici adeguati e spazi extrascolastici, dove i ragazzi possano trovare occasioni di successo e di realizzazione. Per poter accedere a sport o attività socioculturali bisogna pagare, e pure tanti soldi, quindi chi non se lo può permettere economicamente e culturalmente viene tagliato fuori. Bisogna offrire ai ragazzi delle possibilità, non è sufficiente redarguirli quando sbagliano”. Di progetti con giovani e adulti La Esse ne propone e gestisce molti sul territorio, e ben vengano, ma loro stessi sono critici su una mancanza di prospettiva sul medio e lungo termine, dunque sulla continuità di questi progetti e sulla loro capacità di raggiungere davvero i ragazzi, sempre più difficili da coinvolgere. “Bisogna lavorare su percorsi di cittadinanza, far capire loro che in quanto cittadini hanno responsabilità ma anche delle opportunità - conclude Baccichetto -. Se c’è in loro il senso appartenenza nasce anche quello di responsabilità, altrimenti rimane solo il vuoto e questo si riempie nel modo più facile”.

Kirikù onlus: Valorizzare le competenze

In molti comuni del territorio opera anche Kirikù, cooperativa attiva con diverse progettualità nell’ambito dell’educazione. Nel gestire i tanti servizi rivolti a genitori e adolescenti, anche loro riscontrano il tema identitario e della doppia appartenenza vissuta come incompleta da entrambe le parti, e, infatti, riportano il commento di un ragazzo che descrive bene questa sensazione: “Quando sono in Italia non sono abbastanza italiano e in Marocco non sono abbastanza marocchino”. Questo senso di esclusione, spiegano gli educatori, spesso è dato da piccole azioni ma non da discriminazioni vere e proprie, almeno tra i ragazzi, perché il tema delle differenze esiste soprattutto nello sguardo degli adulti: “I ragazzi sono più abituati di noi semplicemente a viversi. E infatti quando incontriamo i genitori notiamo che le preoccupazioni educative sono sostanzialmente le stesse, e le differenze sono di nucleo familiare in nucleo familiare, indipendentemente dalla nazionalità. Noi lavoriamo sulle risorse che ogni singola famiglia può mettere a disposizione, sempre diverse e da valorizzare. Dei ragazzi di seconda generazione secondo noi non sono abbastanza valorizzate le competenze che hanno sviluppato, come la capacità di mediazione, l’adattabilità, la comprensione delle differenze culturali ecc, che consentirebbero loro di svolgere ruoli significativi all’interno della società”. Accanto alle tante progettualità, insieme a Una casa per l’uomo, Kirikù è impegnata anche nel progetto europeo Toc - Theory of change, che si sta occupando di formare adulti, giovani e bambini che non hanno cittadinanza italiana sui temi dell’orientamento dei bambini, empowerment, pensiero critico e attività di dibattito.

Cooperativa Hilal: Coinvolgere le mamme

Integrazione e mediazione culturale sono vere e proprie bandiere per la cooperativa Hilal, che tra le altre cose gestisce due centri d’accoglienza, uno a Treviso e uno a Mogliano. Tramite l’esperienza di Touria Ouairem, storica mediatrice culturale che si occupa (sul versante più sanitario) di interpretariato e gestione di conflitti, Hilal offre un ulteriore punto di vista sulla questione: “Bisognerebbe lavorare di più sulle scuole medie, che rappresentano un periodo di transizione - spiega -. Le maestre delle elementari fanno di tutto per favorire l’inclusione, mentre alle medie, complice la maggiore difficoltà degli insegnamenti, i professori trascurano molto il tema. Parallelamente i genitori, che magari sono poco istruiti, non riescono più a seguire i figli e da lì i ragazzi cercano nel gruppo la loro forza, scappano dalle difficoltà, abbandonano la scuola. Purtroppo succede che alcune famiglie non siano culturalmente in grado di capire le necessità dei propri figli e non diano abbastanza valore alle opportunità fuori dalla scuola. Mi accorgo, però, che le cose ultimamente stanno cambiando, grazie alla presenza delle mamme: prima, ad esempio, venivano solo i padri ai colloqui scolastici, adesso invece ci sono anche molte donne. L’uomo, che quasi sempre lavora, sta necessariamente facendo un passo indietro e le mamme diventano più protagoniste: loro stanno più dietro ai figli, e metterle in rete con incontri dedicati sarebbe molto utile per i ragazzi stessi”.

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