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Papa Leone XIV alla Fao: “Usare la fame come arma è un crimine di guerra”

Nel suo primo discorso alla Fao, il Papa ha lanciato una chiamata all’azione collettiva per diventare azione di pace e sradicare lo scandalo della “fame deliberata”, che è “un crimine di guerra”. “Siamo diventati testimoni abulici di una violenza lacerante”. “Il mondo non può continuare ad assistere a spettacoli così macabri”

“In un tempo in cui la scienza ha prolungato la speranza di vita, la tecnologia ha avvicinato continenti e la conoscenza ha aperto orizzonti un tempo inimmaginabili, permettere che milioni di esseri umani vivano – e muoiano – vittime della fame è un fallimento collettivo, un’aberrazione etica, una colpa storica”. Lo ha denunciato Leone XIV, nel suo primo discorso alla Fao, lungamente applaudito. Una chiamata all’azione collettiva, quella del Papa, che ha stigmatizzato “una insensibilità imperante, un’economia senz’anima, un modello di sviluppo discutibile e un sistema di distribuzione delle risorse ingiusto e insostenibile”.

“Gli slogan non fanno uscire dalla miseria”, il monito: i responsabili politici e sociali non possono “continuare a essere polarizzati, sprecando tempo e risorse in discussioni inutili e virulente, mentre coloro che dovrebbero servire continuano a essere dimenticati e strumentalizzati per interessi di parte. Non possiamo limitarci a proclamare valori. Dobbiamo incarnarli. Non dobbiamo accontentarci di riempire i muri di grandi e vistosi manifesti. È giunta l’ora di assumere un rinnovato impegno, che incida positivamente sulla vita di quanti hanno lo stomaco vuoto e si aspettano da noi gesti concreti che li sollevino dalla loro prostrazione”.

“Gli scenari dei conflitti attuali hanno fatto riemergere l’uso del cibo come arma da guerra, contraddicendo tutta l’opera di sensibilizzazione portata avanti dalla Fao in questi otto decenni”, il riferimento all’oggi: “Sembra allontanarsi sempre più quel consenso espresso dagli Stati che considera un crimine di guerra la fame deliberata, come pure l’impedire intenzionalmente l’accesso al cibo a comunità o interi popoli”. “Il diritto internazionale umanitario vieta senza eccezioni di attaccare civili e beni essenziali per la sopravvivenza delle popolazioni”, ha ricordato il Pontefice: “Qualche anno fa, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha condannato all’unanimità questa pratica, riconoscendo il nesso esistente tra conflitti armati e insicurezza alimentare, e stigmatizzando l’uso della fame inflitta ai civili come metodo di guerra”. “Tutto ciò sembra essere stato dimenticato, poiché, con dolore, siamo testimoni dell’uso continuo di questa crudele strategia che condanna uomini, donne e bambini alla fame negando loro il diritto più elementare: il diritto alla vita”, l’analisi di Leone. “Siamo diventati testimoni abulici di una violenza lacerante – il grido d’allarme – quando, in realtà, le tragedie umanitarie ben note a tutti dovrebbero spronarci a essere artigiani di pace”, raddoppiando “la nostra responsabilità individuale e collettiva, risvegliandoci dal funesto letargo in cui siamo immersi”.

“Il mondo non può continuare ad assistere a spettacoli così macabri come quelli in corso in numerose regioni della terra”, la tesi del Papa: “Bisogna porvi fine il prima possibile”, ponendo subito fine “alle guerre che distruggono i campi prima ancora delle città, arrivando persino a scene indegne della condizione umana, dove la vita delle persone, e in particolare quella dei bambini, invece di essere custodita, si spegne mentre questi, ridotti pelle e ossa, vanno alla ricerca di cibo”. ”Nella lotta contro la fame e nella promozione di uno sviluppo integrale, il ruolo della donna si configura come indispensabile, anche se non viene sempre sufficientemente apprezzato”. Ne è convinto Leone, che ha osservato come “le donne sono le prime a vegliare sul pane che manca, a seminare speranza nei solchi della terra, a impastare il futuro con le mani indurite dalla fatica”.

“In ogni angolo del mondo, la donna è silenzioso architetto della sopravvivenza, custode metodica del creato”, l’omaggio del Pontefice, che nel suo primo discorso alla Fao ha rilanciato “l’importanza del multilateralismo di fronte a tentazioni nocive che tendono a ergersi come autocratiche in un mondo multipolare e sempre più interconnesso”. “Ripensare con audacia le modalità della cooperazione internazionale”, l’esortazione del Papa, secondo il quale “non si tratta soltanto di individuare strategie o di fare diagnosi dettagliate”: “Ciò che i Paesi più poveri attendono con speranza è che si ascolti la loro voce senza filtri, che si conoscano realmente le loro carenze e si offra loro un’opportunità, di modo che siano tenuti presenti al momento di risolvere i loro veri problemi, senza imporre loro soluzioni fabbricate in uffici lontani, in riunioni dominate da ideologie che spesso ignorano culture ancestrali, tradizioni religiose o usanze profondamente radicate nella saggezza degli anziani”. “È imprescindibile costruire una visione che faccia sì che ogni attore della scena internazionale possa rispondere con maggiore efficacia e tempestività ai bisogni reali di coloro che siamo chiamati a servire attraverso il nostro impegno quotidiano”, l’indicazione di rotta di Leone.

“Oggi non possiamo più illuderci pensando che le conseguenze dei nostri fallimenti colpiscano solo coloro che sono nascosti alla vista”, il monito finale: “I volti affamati di tante persone che ancora soffrono ci interpellano e ci invitano a riesaminare i nostri stili di vita, le nostre priorità e il nostro modo di vivere nel mondo di oggi in generale”. “Come possiamo dimenticare tutti coloro che sono condannati alla morte e alla sofferenza in Ucraina, Gaza, Haiti, Afghanistan, Mali, Repubblica Centrafricana, Yemen e Sud Sudan, per citare solo alcuni dei luoghi del pianeta in cui la povertà è diventata il pane quotidiano di tanti nostri fratelli e sorelle?”, si è chiesto Leone XIV: “La comunità internazionale non può voltarsi dall’altra parte. Dobbiamo fare nostro il loro dolore. Non possiamo aspirare a una vita sociale più giusta se non siamo disposti a liberarci dall’apatia che giustifica la fame come fosse una musica di sottofondo alla quale ci siamo abituati, un problema irrisolvibile o semplicemente una responsabilità altrui”.

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09/10/2025

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